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Parte terza
oom:MemorieDocumenti1911.
   
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Memorie e Documenti

Dr Vito Graziano
Pubblicato MCMXI

Parte III - cap. 1

Chiese dentro l'abitato

 

1. Matrice. —2. S. Francesco. — 3. Purgatorio. — 4. S. Giuseppe. — 5. S. Maria dell'Itria. — 6. S. Maria di Porta S. Gerardo. — 7. S. Giovanni Battista. — 8. S. Domenico. — 9. Oratorio di S. Domenico. — 10. S. Giacomo — 11. Chiesa dell'Ospedale. — 12. Raccomandata. — 13. Carmine. — 14. S. Francesco di Paola. — 15. S. Sebastiano. — 16. S. Andrea — 17. Anime Sante.

1. Matrice Apri Link Foto Chiesa Matrice

La Matrice è dedicata a S. Maria Maddalena e sorge nella parte superiore del paese, in vicinanza dell'antico castello.
La facciata è rivolta ad occidente e finisce in alto con una croce di ferro1 nel centro e le statue di S. Simone e S. Vito alle due estremità. Essa è disegnata in una vignetta del libro di cantofermo, eseguito da Sac. D. Santo Gigante nel secolo XVII.
L'interno della chiesa è diviso in tre navate da due ordini di colonne in muratura, dalle quali partono archi semicircolari, che sorreggono maestose pareti, sulle quali posa la volta di legno svariatissimamente rabescata. Questa è divisa in due parti da un arco, che occupa tutta la larghezza della navata centrale.

Le notizie storiche sono ricavate da un libro manoscritto di memorie conservate nell'archivio parrocchiale. L'epoca precisa della sua fondazione non è conosciuta; ma si può argomentare che, costruito il castello, cominciò a dilatarsi l'abitazione nei luoghi vicini ad esso, e la madre chiesa dovette essere innalzata la prima verso il 1200, quando sorse il paese. Nel 1230 essa esisteva con certezza, come risulta dall'iscrizione della Raccomandata. Però nel citato libro di memorie si legge che la maggiore chiesa fu fondata nel 1350; ma ciò è un errore di colui che lo scrisse, come fu dimostrato a pagina 40.

Però quella chiesa fu distrutta e differiva da quella attuale per esposizione e grandezza. Infatti l'antica Matrice era esposta a mezzogiorno ed era più piccola, perché la porta maggiore corrispondeva nella cappella dedicata ai SS. Simone e Giuda e l'altare maggiore nella cappella dedicata a S. Rosalia, come si rileva dalle seguenti notizie scritte a pag. 157 del citato libro:


«D. Paulo e D. Giovanna x. x.a. Sig. di Ciminna D. Guglielmo x. x.a. loro figlio Sig. di Ciminna sono sepolti nella cappella di S.ta Maria Maddalena come cappella maggiore della maggiore chiesa antica fabbricata quando si fabricò Ciminna. D. Guglielmo Grafico, e x. x.a. Duca di Ciminna fabricò la cappella di S. Rosalia dentro d. cappella di S. Maria Maddalena et ci fondò il beneficio in virtù di atto presso Cataldo Campanella a 30 agosto Vili ind. 1625».2

Ma questa mutazione di sito è dimostrata chiaramente in un altro luogo dello stesso libro, dove a pag. 155 si legge quanto segue: «Nel qual tempo l'antica chiesa era situata con l'altare maggiore verso tramontana et al presente havendosi rifatta più grande detto altare è situato verso Levante sotto titolo di S.ta Maria Maddalena».

La Matrice attuale fu fabbricata verso il 1500 per l'accresciuta popolazione, sull'arca e sulle adiacenze di quella antica, e ciò risulta da diverse iscrizioni che si osservano in essa.
La più antica è quella che si legge nella parte esterna del campanile e ricorda l'epoca, nella quale esso fu fatta:

AN O D.NI. 8. IND. MDX9.


La seconda, in ordine cronologico, è quella che si vede nell'arco della cappella dei SS. Simone e Giuda:

AN.O D.NI MCCCCC, 31

SIMON THADEV.

La terza si legge sulla campana grande «Mentem sanctam spontaneam honorem Deo et patrie liberationem Verbum caro factum est Deus homo natus et D. Paulus barone vicarius et procurator fecit Hieronimus de carbati 1550».
L'ultima esisteva fino al 1908 nella parte superiore della facciata ed accennava alla finita costruzione della chiesa. Essa era corrosa dal tempo e vi si poteva leggere la sola data: XMDL.
Da quell'epoca in poi la maramma, finiti i lavori di costruzione, pensò di adornare la chiesa di pregevoli opere artistiche, delle quali ci ha conservato le più minute notizie nel citato libro di memorie.

L'organo è opera pregevolissima del celebre maestro Raffaele La Valle da Palermo, come risulta da un atto presso il notar Vincenzo Bilando da Palermo in data del 19 febbraio XIV ind. 1600, e costò onze 270. Il letterino o palco fu fatto dal maestro Francesco Barberi,3 intagliatore in legno da Palermo, per onze 28, come risulta da un atto in not. Cataldo Campanella del 29 ottobre VI ind. 1607, e gli adorni indorati con oro zecchino furono eseguiti da maestro Francesco Lorito per onze 11. Ora l'organo è talmente guasto, che difficilmente può esere riparato.
Il coro, lavoro ad intaglio non meno pregevole, è opera del maestro Giuseppe Attolino, o Dattolino, altro celebre intagliatore in legno da Palermo, il quale vi lavorò dal 1614 al 1619, come risulta da un atto del not. Francesco La Vignerà in data 19 ottobre XIII ind. 1614 ed un altro atto di stima del 16 settembre III ind. 1619. Nel primo stallo, che si trova entrando dalla sagrestia, si legge: 1619. Il prezzo di tutto il lavoro fu di onze 358 e tari 14.

Ma l'opera più bella e anche più importante di tutta la chiesa è la tribuna maggiore. Essa è divisa in due parti, una inferiore che rappresenta la chiesa militante e l'altra superiore quella trionfante.
Nella prima parte sono dieci statue di stucco in grandezza naturale, che rappresentano gli apostoli, e in mezzo alle quali si trova quella di S. Maria Maddalena coli'iscrizione: apostola apostolorum 1622. Ogni statua ha al di sopra un angelo in atto di metterle sul capo una corona, sull'idea di Antonello Gagini del duomo di Palermo.
Nella seconda parte, che è la più importante, si trova nel centro il Dio Padre, fatto di stucco in grandezza straordinaria e circondato da molti angeli in atteggiamento di sonare e cantare, dai quattro evangelisti e da altri santi. Nelle parti laterali trovansi due quadretti, eseguiti da Bernardino Flocci e rappresentanti uno l'incontro del Cristo risorto con S. Maria Maddalena e l'altro il Cristo cogli apostoli dentro una barca. All'esterno della tribuna, si vedono le statue di S. Pietro a destra S. Paolo a sinistra, e al di sopra di tutta la tribuna la titolare della chiesa con diversi angioletti e Adamo ed Èva.

Questo splendido lavoro è opera dei fratelli maestri Scipione, Francesco e Paolo4 Livolsi da Tusa, come risulta da atto in notar Francesco La Vignerà ali settembre V ind. 16215 e il prezzo totale fu onze 525,6 oltre onze 218. 2. 5. per l'opera di indoratura. Esso fu finito nel 1630, perché a 6 luglio XIII ind. di detto anno, con altro atto presso il detto Francesco La Vignerà, fu adibito il maestro Giovan Pietro Senzali per fare la detta indoratura.

Essa destò l'ammirazione dell'abbate Gioacchino di Marzo,7 il quale dice che questa grande e sontuosa decorazione è la sola opera dalla quale si può conoscere l'alto valore dei fratelli Livolsi nella plastica, giacché di essi finora non si conoscono con precisione altri lavori. Egli ammira nell'architettura e nei suoi relativi ornamenti molta bellezza ed eleganza di effetto, nonostante qualche accenno al fatai declinare del gusto in quel secolo per la soverchia profusione e la tendenza al caricato. Vi trova però l'arte non ancora dimentica delle sane norme degli aurei esempi dello stile dell'età precedente. Anche nelle statue, che egli dice sempre commendevoli per valentia di magistero e per molto pregio dell'arte, trova un fare risentito e pesante ed una soverchia grandiosità di forme non riscontrate nella statua dell'imperatore Carlo V in Piazza Bologni in Palermo, fusa in bronzo più tardi dallo stesso Scipione Livolsi nel 1630. Ma anche dato quanto afferma l'illustre uomo, si verrebbe a provare che, nei secoli di gusto depravato, anche i grandi ingegni non ne vanno affatto esenti.
Anche le tribune maggiori delle navate laterali sono adorne di belle statue in istucco della stessa epoca. A fianco delle quali quella di destra è assai più pregevole dell'altra. Nella tribuna di sinistra, dedicata al SS. Sacramento, v'è nella parte superiore una custodia che porta scolpito un albero come simbolo della vita racchiusa nel Sacramento dell'Eucaristia, e ai lati della detta custodia si vedono quattro donne simboliche rappresentanti le virtù dell'abbondanza, della fortezza, della penitenza e dell'innocenza. Nella tribuna di destra, dedicata alla Madonna di Libera Inferni, vi sono quattro statue rappresentanti S. Francesco D'Assisi, S. Antonio di Padova col divino bambino, il papa Innocenze III e S. Stefano protomartire.
Gli autori delle opere fatte in queste due ultime tribune sono ignoti. Ma l'illustre abbate Di Marzo, nella citata ope ra, opina che i detti lavori siano pure essi dei fratelli Livolsi, o almeno della loro scuola. Quest'autorevole opinione viene confermata, per la tribuna di destra, dalla somiglianzà dello stile e degli adorni e dal fatto che essi furono eseguiti nella stessa epoca. Infatti dal testamento del Sac. Can. D. Santo Bartolomeo, scritto il 27 dicembre XIII ind. 1629 dal not. Francesco de Urso e Giudice, si rileva che allora essi erano fatti: In qua cappella est imago marmaris Beatae Virginis liberationis inferni, cum variis imaginibus Sanctorum stucco aeroq. compostis et ornatis. Nella tribuna di sinistra si può escludere quasi in modo assoluto la mano dei maestri Livolsi, essendo assai evidente l'opera d'artisti minori, che molti anni addietro, per giunta, fu deturpata da una nuova indoratura, colla quale fu alterata la fisonomia antica.

Questa chiesa, di cui ho brevemente narrato le vicende, è onorata da una comunia di preti, che per la sua costituzione merita un accenno particolare. Il più antico documento della sua esistenza rimonta al 1520. Era stata usanza antichissima, che la dignità del canonicato o parrocato fosse esercitata dai preti anziani nativi di questa Terra ed insigni per dottrina e bontà di costumi. Or nell'anno sudetto questa dignità era posseduta dal Rev. D. Salvatore Platamone da Palermo, il quale la concesse per una determinata pensione al giovane prete Giovanni De Gullo, non nativo di Ciminna. Venuta la notizia alla conoscenza dei giurati e dei notabili, essi fecero un atto di protesta a nome di tutta l'Università presso il not. Antonino Bonafede da Ciminna, in data del 25 maggio Vili ind. 1520. In quell'atto, dopo avere esposto quanto ho sopra accennato, biasimarono acerbamente che tanta e tale dignità fosse stata affidata a un prete giovane, forestiero e privo d'istruzione. Perciò supplicarono e anche intimarono, colla dovuta riverenza, al detto Platamone di revocare quanto aveva fatto e affidare l'esercizio di quell'importante carica a tutto il corpo collettivo dei preti, come erasi fatto in altri casi consimili. In caso diverso si riserbavano di fare ricorso al Pontefice di quel tempo.

In quell'atto si mostra anche la natura speciale della comunia. Infatti essa non è una riunione di preti organizzati a scopo di culto, per cantare e pregare insieme nel coro; ma è una vera e propria comparrocchia, e i suoi componenti sono veri comparroci, di cui l'arciprete è semplicemente il capo.
Nel secolo passato fu onorata dalle insegne collegiali per opera di Mons. abbate D. Vito La Porta. Ciò avvenne con decreto reale del 24 settembre 1834 e con decreto arcivescovile del 4 dicembre di detto anno, secondo il quale si dava facoltà di portar mezzetta a 36 preti e il rocchetto e l'almuzio agli altri preti della comunia. Quelli erano chiamati mansionari primari o canonici, questi mansionari secondari o beneficiali. L'onorificenza data alla comunia fu appresa con molto applauso della popolazione e dei paesi circonvicini, e il possesso agli eletti fu dato dall'arciprete Ciminna, per delega del Cardinale Trigona, il 30 aprile 1835, e con tutta la pompa che richiedeva la cerimonia. Fu in quella occasione che il maestro di musica D. Salvatore Guagenti compose il suo Te Deum, che si ammira tutt'ora.
A migliorare la condizione della comunia e a darle una aria collegiale il Cardinal Trigona, con altro decreto del 28 maggio 1835, venne a sistemare meglio il numero dei mansionari, riducendo per l'avvenire a 20 il numero dei canonici e stabilendo che gli altri preti formassero il seguito dei mansionari.
Per gratitudine al Card. Trigona, che diede tante prove di benevolenza alla comunia di Ciminna, questa, a perpetua memoria del beneficio, gli dedicò un ritratto, tuttora esistente nella sagrestia della Matrice, colla seguente dedica. « Gaytano Mariae Trigona et Parisi Patritio Platiensi, primo antistiti Calateyeronis nunc Metropolitane sedis Archiepiscopo SS. Cruciate in hoc Sicilie regno, insulisque adiacentibus commissario generali apostolico, S. R. E. Cardinali Presbytero Comunia Cleri huius Matricis Ecclesiae Ciminnensis, ob indultum sibi canonicalium insignium ad instar Collegiatae Privilegium, hanc imaginem ad memoriam benefica recolondam, et grati animi argumentum pontifici suo optirno, indulgentissimo, dedicavit, die traditae possessionis 30 aprilis 1835».

La comunia ha avuto nel suo seno molti uomini insigni, che hanno fatto onore a Ciminna. Ben 35 membri di essa furono dottori8 in sacra Teologia ed alcuni anche in medicina; altri si sono distinti nella predicazione ed altri nelle scienze. Perciò non pochi di essi hanno ottenuto cariche molte onorifiche in altri paesi, e fra questi accenno a D. Francesco Barottelli, D. Francesco Maurici, D. Antonino Samblocco e D. Vito La Porta, che furono abbati, a D. Gerardo Spatafora e a D. Michelangelo Affrunti, che furono canonici della cattedrale di Palermo, a D. Girolamo La Rocca, che fu ciantro di Messina, a D. Vito Belguardo, che fu canonico della cattedrale di Girgenti e vicario generale nella sede vacante, a D. Francesco Barone, che fu canonico della cattedrale di Monreale, a D. Onofrio Maiorana, che fu priore della Magione di Palermo, a D. Francesco Camerata, che fondò a sue spese il collegio di Maria in Baucina, e a tanti altri, che furono arcipreti o parroci in altri Comuni.

Ora debbo accennare agli arcipreti, che sono i capi della comunia. Essi da tempo antichissimo hanno avuto il privilegio di portare le insegne canonicali, e perciò furono chiamati anche canonici. Ma coll'andar del tempo l'uso dell'insegne fu interrotto; quindi nell'anno 1816 l'arciprete D. Giacomo Ciminna fece istanza per la loro reintegrazione, che ottenne con lettere spedite dalla gran corte arcivescovile il 14 settembre e registrate agli atti della corte spirituale di Ciminna il 22 dello stesso mese. Questo privilegio ebbe forse origine dal fatto che i primi arcipreti furono canonici palermitani, i quali risiedevano in quella città e cedevano i loro dritti ai preti della comunia per un annuo canone.
Le prime notizie di quei canonici rimontano al secolo XIII. Colle rendite provenienti dal distrutto monastero basiliano di S. Maria di Vicari si formò nella cattedrale di Palermo un canonicato, i cui titolari erano detti anche canonici di Vicari9 ed avevano anche cura di anime in Ciminna, perché in quel territorio erano terre soggette al detto monastero. Il Mongitore 10 afferma che il detto canonicato era compreso fra quelli soppressi dal papa Eugenio IV. Il primo che si conosce di quei canonici fu un certo Guglielmo Malizia,11 ch'era canonico nel 1226 e morì nel 1236, come si rileva dai testimonii ricevuti ad istanza del can. libertino nel 1275. Nell'anno 1252 si trovava suo successore Omodei12 de Thermis, come risulta dallo stesso documento, e alla morte di costui, avvenuta circa il 1276, fu eletto dal papa il canonico U ber tino, mantenuto colle decime victualium fructuum, et iurium aliorum terragii, et fructuum bestiarum, a fendatariis tenentibus terras laboratorias et possessiones alias in territorio Bicari, et Chiminni.13
Continuando la serie dei detti canonici si trova nel 1302 un certo Alberto Saladino,14 nel 1321 Arturo Diomelodiede15 e poco dopo Giovanni de Mei fi.16
Da quell'epoca in poi non se ne conosce più alcun altro fino a Pietro di Cesare,17 che fu canonico e arciprete di Vicari e Ciminna e morì nel settembre del 1490. Però nelle Notizie variae ex reg. Curiae Arch. Pan. del Muxia. MS. della Biblioteca Comun. segnato Qq E 13, pag. 18, leggesi; «Ex registro 3a ind. 1490 Sep. 11. D. Fabius de Bonania beneficium Archipresbiteratus Terrae Ciminnae et terre Vicari ob mortem Petri lu Cavatu de mensa 25 sep. 3" ind. 1490 ». Io ho seguito le Memorie raccolte dal Mongitore. Il giorno 18 del sudetto mese di ottobre fu eletto alla stessa carica Pietro Vinciguerra e Paterno18 canonico centenario e nipote dell'Arcivescovo Giovanni Paterno.18 S'ignora l'anno in cui morì.

Il suo successore fu Luigi d'Apria19 palermitano canonico del Porto. Nel 1506, essendo stato eletto vescovo di Corondà, diede in gabella il suo canonicato e l'arcipretura di Ciminna per onze 7 all'anno finché nel 1510 vi rinunziò insieme con quel1*) di Vicari. Fu pure vescovo di Terni, ove morì nel 1520
In sua vece fu eletto D. Salvatore Platamone,20 nobile palermitano. Egli fu anche maestro cappellano della cattedrale, vicario generale in sede vacante, marammiero della chiesa, concaudatario perpetuo e familiare di S. S. Clemente VII, ed altro, finché morì il 31 gennaio 1534 e fu sepolto nella cappella del SS. Crocifisso della cattedrale. Egli venne in quistione colla comunia di Ciminna, perché aveva concesso l'esercizio del canonicato al giovane prete Giovanni de Cullo, come raccontasi a pag. 155. Dopo la di lui morte non si trovano più riuniti nella stessa persona i due canonicati di Vicari e Ciminna.
Non si sa chi sia stato il suo successore, ma in un libro di conti dell'exmonastero S. Benedetto si trova scritto che nel 1538 era vicario e canonico ossia arciprete di Ciminna il reverendo prete Antonio Quatruccio.

Però è certo che il 20 agosto 1559 fu eletto canonico e arciprete di Ciminna Antonio di Detto.21 Questi a 13 luglio 1558 era stato eletto canonico della cattedrale di Palermo, in luogo di D. Antonio Lo Presti che aveva apostatato. Ma il 29 novembre 1559 ne fu esonerato, avendo prima ottenuto l'arcipretura e canonicato di Ciminna. Nel 1562 gabellò i frutti dell'arcipretura ai sacerdoti della comunia, come si legge in un atto del 9 febbraio presso il notare Antonio Giaconia. Morì nel 1570.
Successe a lui il Rev. D. Giuseppe Ansaldo, il quale nacque in Ciminna e fu il primo arciprete e canonico eletto per concorso, secondo la forma del sacro Concilio tridentino. Egli fu anche il primo pastore di questa chiesa nativo di Ciminna e la resse pel lungo spazio di 53 anni, che nessun altro de' suoi successori ha raggiunto finora, e durante quel periodo furono eseguiti nella Matrice i più belli lavori d'ornamento, cioè l'organo, il coro e il cappellone. Nella chiesa di S. Pietro, oggi detta del Purgatorio, fondò nell'anno 1602 la venerabile unione del Miseremini. Occupò anche la carica di vicario foraneo dal 1569 fino al 1607 e per breve tempo anche nel 1613. Pieno di meriti e di anni morì in Ciminna il 21 febbraio 1623 e fu sepolto nella madre chiesa dinanzi l'altare del SS. Sacramento.

A questo venerando e tanto benemerito pastore successe il Rev. D. Alfonso Velardi. Questi nacque in Palermo, fu dottore in sacra Teologia e valente predicatore. Eletto arciprete e canonico di Ciminna nel marzo 1623, durò poco nella carica, poiché morì in questa il 5 novembre 1626 nella giovane età di 48 anni. Fu sepolto nella sepoltura comune dei preti dentro il coro.
Il suo successore fu il Rev. D. Pietro Ferrara. Nato pure in Palermo fu eletto arciprete e canonico di Ciminna nel 1626 e morì nella detta città il 22 giugno 1632. Fu dottore in sacra Teologia, predicatore e canonico della Gran Vigna, una delle quattro dignità dei vivandieri della cattedrale.
A lui seguì un altro palermitano il Rev. Francesco Pisano. Appartenne prima al terzo ordine di S. Francesco, nella Chiesa della Misericordia in Palermo. Fu eletto arciprete e canonico di Ciminna nel settembre 1632 e governò questa chiesa per lo spazio di 32 anni, poiché morì il 15 gennaio 1664. Al tempo in cui fu arciprete il Pisano, e precisamente nel 1651, si fece la prima festa solenne in onore del SS. Crocifisso, esistente nella chiesa di S. Giovanni Battista. Fu dottore in sacra Teologia e nell'uno e nell'altro dritto, non che valente predicatore.
Gli successe il Rev. D. Gabriele Catania, eletto arciprete e canonico di Ciminna nel luglio 1664. Nel 1672 fece venire le reliquie di S. Vito, patrono principale del paese, e ogni anno se ne commemora la solenne traslazione nella prima domenica di settembre. Nacque in Vicari, visse in Ciminna, di cui divenne cittadino, e morì in Palermo il 26 luglio 1674 di anni 44. Fu prò tono taro apostolico e dottore in sacra Teologia e Medicina.
A lui successe il Rev. D. Giovanni Silvestro. Questi nacque in Ciminna e il 18 aprile XIII ind. 1675 successe al detto Catania nella dignità di arciprete e canonico. Fu dottore in sacra Teologia e morì ivi il 12 settembre VII ind. 1683 in età di 68 anni. Fu sepolto nella Matrice chiesa.
Il suo successore fu il Rev. D. Francesco Grimaldi, nato in Ciminna il 6 febbraio 1655 da maestro Vincenzo e Vincenza Grimaldi. Fu dottore in sacra Teologia e il 16 gennaio 1684, per la santità dei costumi, fu elevato alla dignità di arciprete e canonico di Ciminna. Fu anche eletto vicario foraneo nel giugno 1700 e rimosso in tempo di sede vacante. Morì il 30 luglio 1704 e fu sepolto nella madre chiesa. Nella sagrestia di detta chiesa si conserva un suo ritratto, sotto il quale esiste la seguente iscrizione: «S. T. D. D. Franciscus Grimaldi archipresbyter Ciminnae, prius e coelo indictus, quam creatus anno 1684, sanctitate et praedicatione conspicuus, blande oves melle oris sui pascebat, obiit die 30 iulii 12 indictionis 1704, aetatis suae 49».
Gli successe il Rev. D. Onofrio Affrunti, nato il 28 dicembre 1675 da maestro Domenico e Maria AfErunti. La successione del compianto arciprete Grimaldi fu molto contras tatta tra il detto Affrunti e il Rev. Dr. in sacra Teologia D. Marco Parisi, arciprete di Baucina ma nativo pure di Ciminna. Fatto vicario sacramentale PAffrunti, si fece il concorso per l'arcipretura e fu giudicato più idoneo il Parisi. Ma quello si appellò e fece eseguire un altro esame, nel quale risultò vincitore. Allora il Parisi s'appellò pure, e mentre la lite era all'esame del concistoro egli passò a miglior vita.
Dopo ciò l'Affrunti prese possesso d'arciprete e canonico il 27 gennaio 1710, resse con amore il suo gregge e morì in Palermo il 26 dicembre 1744. Il suo corpo fu messo nella chiesa dei Cappuccini e dopo tre giorni trasportato in Ciminna, ove gli furono rese solenni esequie, e per onorare la memoria di tale uomo il Rev. Dott. D. Francesco Camerata recitò un'elegante orazione funebre, che per la sua modestia non volle pubblicare.

Fu sepolto sotto il gradino del coro, e sulla lapide eseguita a spese del Comune si legge la seguente iscrizione, che è il suo più bello elogio: « Sistite oves, pastorem quem ex cathedra audistis, nunc ex tumulo audite silentem S. T. D. D. Onuphrium De Affrunti. Discite mortis lege vitae, coronidem. Vivit in gloria, in benedictionibus, qui erectus in Deum, effusus in pauperes, sibi despectus, gregi addictus vixit. Hinc patriae amantissimus pater, ut vobis vigilarci adhuc functus, qui numquam XL annis dormivit vivus; mortales exuvias Panormi dimissas an. D.ni MDCCXLIV.XXVI. X bris aet. an. LXIX. ac Communiae sumptihus translatas universitas Ciminnae, perennitati datura, sub hoc lapide condì curavit».
Nella sagrestia della Matrice esiste un suo ritratto con questa altra iscrizione: « S. T. D. D. Honuphrius De Affrunti Ciminnensis commissarius s. officii, patriae archipresbyter, ob profonditatem doctrinae, et miram eruditionem clarus; sed ob virtutum nitorem longe clarior, in eo enim eluxit singolaris erga paupeperes liberalitas, infatigabilis erga animas zelus, invicta erga calunniatores clementia, humilitate, castitate, ac iugi sui corporis mortificatione, quodsaepe ciliciis, et flagellis usque ad sanguinerà cruciabat, fuit insignis orationiset contemplationis dono a Deo illustratus, oves suas in eàdem semitam dirigebat pluresque ad perfectionis apicem sua opera evexit. Hinc ob eius vitae sanctimoniam et praeclarissimam doctrinam multi ad eum consilii causa, etiam de longlquo, accurrebàt eisque sensus tamquam oracula habebantur. Suae tandem die mortis praenunciato obdormivit in Domino die 26 X bris 1744, aetatis 69. Maximo sui desiderio relicto; cunctisque eius morti congemiscentibus, eius corpus in ecclesia cappuccinorum Panormi conditum Ciminnam post tres dies solemniter translatum est ».
Dopo la morte si fecero di lui molti ritratti in litografia e si distribuirono al popolo per sua memoria. Nei detti ritratti è rappresentato in atto di predicare, e vi si legge la seguente iscrizione:

« S. T. D. D. Honuphrius Affranti ingenio, doctrina, et consilio clarus; virtutum splendore longe clarior; Cicinnae ubi archipresbyter praefuit, pauperum inopiae, quorum pater fuit dictus, Magnae Virginis cultui, quam matris loco habuit; lucrandisque Deo animis, qua verbo, qua exemplo, qua pecuniis, constanter addictus; Panormi, meritis plenus, laetus occubuit. Die XXVI decembris, anno MDCCXLIV, aetatis LXIX».


Il suo successore fu il Rev. D. Antonino Graziano. Questi nacque il 7 luglio 1703 da Francesco Graziano e Maddalena Affranti, fu eletto il 1 febbraio 1745 da Mons. D. Domenico Rossi Arcivescovo di Palermo e prese possesso il 3 di detto mese. Fu ammirato come parroco a Ciminna, in tutta la diocesi e anche in tutto il regno, poiché a lui corsero per consigli del loro stato e della loro coscienza principi e principesse, prelati, capi di popolo, donne, secolari e preti. Fece fare spesse volte gli esercizi spirituali al clero e al popolo con missionari forestieri e fece costruire a sue spese i confessionali e il fonte del battesimo alla Matrice. Fondò la congregazione dei preti sotto il titolo del Fervore, che dura tuttora.
Altare maggiore della Matrice decorato di stucchi, opera di pregevole arte dei fratelli Giovan Battista e Stefano Li Volsi (sec. XVII)
Fu anche commissario della S. Inquisizione, dottore in sacra Teologia e grande oratore. La sua voce risonò con la predicazione fin nelle città e nelle terre più cospicue del regno, e perciò tutti facevano a gara per averlo nel corso d'intere quaresime, di ottavari, o di panegirici di santi, e ciò sempre con applauso di tutti. Come scrittore ci resta di lui un elogio funebre in lode del Rev. D. Francesco Camerata, stampato in Palermo il 1756.
Morì in Ciminna l'il gennaio 1786 e il giorno 12 ebbe solenni esequie, alle quali intervenne la rappresentanza del Comune, e gli fu letto l'elogio funebre, tuttora inedito, dal Baccelliere Vincenzo Brancato. Fu sepolto nella Matrice a lato dell'arciprete Affrunti e sulla sua tomba si legge questa iscrizione:

«R.mus S. T. D. D. Antoninus Gradano archipresbyter canonicus beneficialis rector doctrina, eruditione facundia admirabilis. Pietate, zelo, charitate venerabilis. Amore populi principum observantia praelatorum honore singularis. Heroem avunculum cuius dignitatis et virtutis felicissimus heres. Eo ordine quo natura permisit sequutus omnibus clarus et charus eiusdem prope sepulcrum tumulatus est tertio idus ianuarii. MDCCLXXXVI, aetat. 83 ».

Esiste ancora nella sagrestia della Matrice il suo ritratto, sotto il quale vi è questa iscrizione:

«Rev. S. T. D. D. Antoninus Gratiano Ciminnensis. Vir. piane inter paucos adnumerandus, quos ardens erexit ad sydera virtus, ingenii praestantia, eruditionis copia, scientiae profunditate spectatissimus, Religionis zelo, cultus divini studio, morum restauratione, Celebris rerum gerendarum prudentia, charitatis ardore, concionandi facundia prorsus eximius, archipresbyter huiusque ecclesiae canonicus, beneficialis rector, ac SS. inquisitionis commissarius primum populi votis, tum corruscantibus in se meritis renuntiatus, gregem sibi commissum XLI ann. spatio verbo, exemplis virtutibus pavit, rexit, tutatus est. In arduis gerendis rebus impavidus, in dissidiis suffucandis praecipuus, in condonandis iniuriis magnanimus, in caeteris excolendis virtutibus nulli secundus. Hic ergo, cui tam multa debent literae, res publica, cives, maiora vera ecclesia, religio, patria completa aetatis suae ann. 83. III. idus iannarii MDCCLXXXVI, inter comunes lacrymas vita functus heroe avunculo suo meruit honorificentissime mortuus copulari, cuius virtù tum et dignitatis fuerat, dum vixit, felicissimus haeres».


Gli successe il Rev. D. Giuseppe Maria Scimeca e La Corte, il quale nacque in Ciminna il 12 novembre 1723 da maestro Giuseppe e Adriana Scimeca. Fu eletto arciprete e canonico il 24 ottobre 1786 e prese possesso lo stesso giorno. Fu anche dottore in sacra Teologia, e un tempo anche economo e vicario foraneo di Baucina. Morì il 14 novembre 1795 di anni 72 e fu sepolto nella Matrice all'altro lato dell'arciprete Affrunti, e sulla sua tomba si legge questa iscrizione:

«D. O. M. Lugete oves tertium huius saeculi vestri cleri splendorem decoremque patriae, R. mum D. num Can. et archipr. S. T. D. rem D. Joseph Maria Scimeca et La Corte pallida mors hoc sub marmore tenet. Vir cunctis notus, omnibus charus doctrina prudentia, iugi verbi dei praeconio. Ideoque a compluribus praesulibus honorifice habitus. Et populi suffragiis ad hanc custodiam gregis postulatus et electus. Quem bene sancteq. per an. 9 regens omnium moerore cessit e vita 14 nov. bris 1745, aetatis suae 72. Quem huc etsi demisse de se disposuerit, ne tanti viri memoria in aevum obliteraretur, eius charissimi duobus hisce heroibus praedecessoritbus suis consociandum optime duxerunt».

Sotto il ritratto, esistente nella sagrestia della Matrice, si legge quest'altra iscrizione:

« R.mus D.nus S. T. D.r Can. D. ìoseph M. Scimeca, et La Corte archip. Ciminnae vir piane fortis et ernuditus praedicator indefessus, et eximius: omnibus et praecipue praesulibus charus; inimicis vero amicior, et benefactor; ann. 9 et dieb. 18 diligentissime rexit paraeciam tandem inopinato infestoque morbo brevi correptus, cessit e vita die 14 novem. suae 72 et dier, 2 ».

Ebbe a successore il Rev. D. Giacomo Periconio Ciminna e Naselli il quale nacque in Palermo nell'anno 1772 dal barone del Feudaraso D. Filippo Ciminna e D. Vincenza Naselli. Abitò sin dall'infanzia in Ciminna e, quando venne a morte il suo predecessore, egli contava appena 23 anni e non era ancora sacerdote. Tuttavia per consiglio dell'Arcivescovo di Palermo D. Filippo Lopez si presentò al concorso d'arciprete e canonico di Ciminna, insieme con un altro concorrente Sac. D. Stefano Traina, nativo di Ciminna e dottore in sacra Teologia. Questi possedeva tanta dottrina, che nessuno altro osò tentare la prova del concorso, nel quale superò di gran lunga il suo competitore. Ma questi invece fu eletto arciprete a 20 genn. 1795 e prese possesso lo stesso giorno. Il Traina non mancò di appellarsi, onde il Tribunale della R. Monarchia sequestrò i frutti della arcipretura22 e ne nacque una lunga lite dinanzi ai magistrati ecclesiastici. Essa finì per transazione con un assegno annuo al Traina, il quale morì poco tempo dopo a 28 giugno 1803, in età di anni 48.
L'arciprete D. Giacomo Ciminna visse altri 44 anni in mezzo ai suoi amati parrocchiani, esortandoli al bene colla predicazione indefessa e, quel eh è più, coll'esempio delle sue virtù, e beneficandoli colle sue elemosine. Egli ottenne la reintegrazione delle insegne canonicali annesse all'arcipretura, e al tempo suo la comunia fu elevata a collegiata.
Morì in Palermo il 10 dicembre 1839, e il suo corpo fu trasportato in Ciminna e sepolto alla Matrice nella cappella del Cuore di Gesù.
Sulla sua tomba si legge il seguente elogio:

«D. O. M. Oves quem quaeritis? pastor Adm. Rev.s Can.s D. lacobus Ciminna et Naselli patrie oriundus ac archip. perspicax pudicus munerum executor disciplinae instaurator infatigabilis praeco pauperum parens cordis lesu cultor ann. XLIV vosque qui pavit Panormi ubi natus inopinato morbo X. X bris die MDCCCXXXIX aetat. LXVII defunctus eius corpus huc translatum is eiusdem hoc in sacello hic ut optarat en conditum iacet».


Nella sagrestia della Matrice esiste ancora il suo ritratto, sotto il quale si legge la seguente iscrizione:

«Adm. Rev. Can. D. lacobus Ciminna et Naselli; Ciminnae oriundus, et archip ingenio officiorum executione disciplinae promotione eximius, praedicatione indefessus, in egenos uti et haeredes effusus, cordis lesu venerator, an 44 gregem pascens. Panormi ubi ortus unde huc delatus, die decima decembris MDCCCXXXIX, aetatis LXVII aegrotans omnium fletuobiit».


Successe il Rev. Salvatore Cascino. Fu economo ed arciprete di Ventimiglia, alla quale carica rinunziò per essere stato eletto arciprete di Ciminna nell'agosto del 1840. Nel 1855 fece venire una missione di sei Padri Liguorini23 per fare gli esercizi spirituali, che rimasero indimenticabili nel popolo, e fece eseguire la processione figurata della litania lauretana per la proclamazione dell'Immacolata Concepimento. Morì il 18 gennaio 1860 e fu sepolto nella madre chiesa, ove nessuna lapide ne ricorda la tomba. Nella sagrestia esiste un suo ritratto, sotto il quale si legge la seguente iscrizione:

« Rev. mus D. nus Can. D. Salvator Cascino Ciminnensis prima aetate philosophiae, theologiae, canonicae facile princeps iuventute morum suavitate, pietatis ecclesiasticae studio simul hac literarum conspicuus. Provecta, pluries archipresbyteratus palaestram subiens vigintimillium prius aeconomus, archipresbyter deinde patriae renuntiatus. Omni tempore vitae mirum inter sellicitas curas suorum quibus fuit patiens, providusque amans. Ingenio, consilio, prudentia, zelo, lingua, manu ad concionandum verbum Dei, et praeclare ad istruendum, ac serendam curam animarum promptus. Tandem sororis nepotum (veluti relicti absque patre) moerore ac omnium suarum ovium ululatu tabida mors gemmam sacerdotum eripuit, decimo quinto kalendas februarii anni 1860».


Il Rev. D. Vito Brancato, nato il 18 agosto 1795 da Nicolo e Vita Brancato, successe all'arciprete sudetto il 29 agosto 1860. Ma prima aveva percorso una splendida carriera oratoria, avendo fatto 28 quaresimali nelle città di Messina, Termini, Corleone, Caccamo ed altre. Sebbene fosse stato balbuziente nelle conversazioni, sul pulpito ebbe sempre un eloquio facile come la sua facondia. Nel 1855 fu eletto vicario foraneo, e durò in tale carica fino all'epoca in cui fu nominato arciprete, Morì il 25 novembre 1872 e fu sepolto nella madre chiesa a lato dell'arciprete Cascino, e al par di questo non ha alcuna lapide commemorativa. Nella sagrestia della Matrice esiste il suo ritratto colla seguente iscrizione:

« Adm. Rev. Can. D. Vitus Brancato et Facella Sacrae Theologiae Professer, iam vicarius foraneus, aeconomus sacramentalis et archipresbyter huius insignis maioris ecclesiae Ciminnae, qui ingenio et predicatione per multos annos Ciminnae et extra perspicue gregem pascens tandem die 25 nov. 1872 omnium fletu obiit aetatis ann. 77».

Gli successe il Rev. D. Salvatore Cifrano, nato il 29 giugno 1824 da Vito Citrano e Rosaria Episcopo.
Egli studiò presso i RR. PP. Gesuiti e nelle scuole del Seminario arcivescovile di Palermo. Nel 1848 fu ordinato sacerdote dal Card. Ferdinando M. Pignatelli, e nel 1861 fu nominato deputato ecclesiastico dei collegi di Ciminna e di Baucina.
Dopo la morte dell'arciprete Brancato fu eletto economo sacramenfale, e dopo splendidi esami, il 29 aprile 1873 fu nominato arciprete. Tenne questa carica per lo spazio di 28 anni pascendo il suo diletto gregge col più grande affetto. Fece ammattonare il pavimento della Matrice ed eseguire altre riparazioni, arricchì la chiesa di arredi sacri e salvò molti legati già impossessati dal demanio. Morì in Ciminna compianto da tutti il 28 gennaio 1901, e fu sepolto dentro il cimitero nella sua sepoltura gentilizia. Ebbe solenni esequie la dimane della morte nella matrice e un mese dopo nella chiesa di S. Giovanni, dove l'arciprete di Ventimiglia D. Sebastiano Lombardo lesse un elogio funebre, che fu stampato in Palermo il 1902 nello stabilimento Tipolitografico dei fratelli Marsala.
Nella sagrestia della matrice non esiste il suo ritratto.
Al Citrano successe l'attuale arciprete, Rev. D. Giuseppe Calcagno. Questi nacque il 29 ottobre 1840 da Calcagno Vito e Faso Giuseppa, fu eletto arciprete il 31 maggio 1901 e prese possesso il 2 giugno dello stesso anno. Fu anche vicario foraneo, predicatore quaresimalista e missionario del Preziosissimo sangue. Per la sua attività nel servizio della chiesa madre si è acquistato l'affetto de' suoi parrocchiani. Fece ristorare il prospetto della Matrice ed eseguire importanti riparazioni nella stessa chiesa; nell'anno 1909 fece venire una missione di Padri Liguorini per fare gli esercizi spirituali al clero e al popolo.
Le confraternite che esercitano le loro pratiche religiose nella Matrice sono le seguenti.
La confraternita del SS. Sacramento, che fu fondata nella madre chiesa l'anno 1545 in virtù della Bolla Pontificia, emanata da Paolo III ed esecutoriata nel regno il 27 maggio di detto anno, e confermata da Clemente Vili nel 1599 con altra bolla esecutoriata nel 1600. Essa poco tempo dopo costruì la cappella, che serve per le riunioni e gli esercizi devoti dei confrati. In origine il numero di questi non poteva essere maggiore di duecento, ma ora è illimitato. Si riuniscono la terza domenica di ogni mese; nelle processioni hanno il privilegio del posto digniore e vestono un sacco bianco con cappuccio dello stesso colore e un mantello rosso, sopra il quale alcuni portano una placca d'argento col ritratto del SS. Sacramento.
La confraternita di Maria SS. Addolorata fu istituita nel 1727. Con privilegio del 12 luglio di detto anno il generale dell'ordine dei Servi della B. V. M. Fra Pietro Maria Pieri da Siena concesse a D. Laura La Grua, duchessa di Ciminna, la facoltà di fondare una confraternita di secolari d'ambo i sessi nella Matrice, e ciò colla condizione di erigere, come poi fu eretto, un altare sotto il titolo dei sette dolori della SS. Vergine.
La congregazione del clero fu fondata dall'arciprete D. Antonino Graziano sotto il titolo di Maria SS. del Fervore ed è composta di soli preti. Le sue regole sono conformi a quelle della congregazione del Fervore nella chiesa di S. Giuseppe in Palermo, e riguardano l'osservanza dei sacri canoni e della vera disciplina ecclesiastica. Anticamente essa era importante pel numero dei confrati, allora molto considerevole, e il martedì dopo la Pentecoste celebrava la festa in lode della titolare.
La congregazione del Sacro Cuore di Gesù fu fondata nel 1880 dall'arciprete D. Salvatore Citrano. I confrati si riuniscono il primo venerdì d'ogni mese.
La festa della titolare S. Maria Maddalena si celebra ogni anno il 22 luglio con esposizione delle reliquie della santa, trasportate in Ciminna il 24 maggio 1664. Anticamente si celebrava in modo più solenne nella terza domenica di maggio per commemorare la traslazione delle dette reliquie. Il Comune interveniva alla spesa, poiché esiste un dispaccio viceregio del Duca d'Alburquerque in data del 18 maggio 1669, col quale si permetteva ai giurati di Ciminna di spendere ogni anno onze 12 per solennizzare la detta festa.

1.Al posto di essa vi era anticamente un'altra statua, pure in pietra, rappresentante la titolare della chiesa, S. Maria Maddalena, che cadde nel terremoto del 5 marzo 1823.
2. Di questo duca esiste un mezzobusto di stucco, collocato in una parete della detta cappella.
3. Il detto Barberi fece pure la porta maggiore della chiesa pel prezzo di onze 120.
4. Questo è nominato nell'atto di obbligazione, ma non figura nei pagamenti; quindi rimane il dubbio che non abbia preso parte ai lavori della tribuna
5.Vedi in appendice documento n. VII.
6. Vedi in appendice documento n. VIII
7. Op. cit., in nota a p. 101, voi. I, p. 737 e seg.
8. Questi nelle funzioni sacre portavano la toga laureale al di sopra della cotta, conformemente al decreto della S. Congregazione dei Riti del 30 marzo 1621, e questo privilegio fu confermato dalla comunia nel capitolo tenuto il 2 luglio 1818
9.MONGITORE, Bullae, privilegia et instrumenta Panorm. Metrop. Ecclesiae, Palermo 1784, p. 16.
10. Op. cit., p. 78.
11. Memorie de' Ciantri, Arcidiaconi, Diaconi, Tesorieri e Canonici della Santa Metr. Chiesa di Palermo, tace, dal Mongitore, p. 12.
12. Op. cit., p. 15.
13.Op. cit., p. 16 e diploma del Re Carlo in data 10 gennaio 1275. Vedi in appendice documento n. I.
14. Op. cit., p. 19.
15. Op. cit., p. 20.
16. Op. cit., p. 21.
17.Op. cit., p. 62
18. Op. cit., p. 62
19. Op. cit., p. 63
20. Op. cit., pp. 78 e 79
21.Op. cit., p. 149
Da questo comincia la serie ininterrotta degli arcipreti, che si trova nel libro di memorie esistenti nell'archivio parrocchiale.
22. Archivio di Stato di Palermo, Giunta dei Presidenti e Consultori, Registri anni 1799, voi. 116, f. 29
23. Fra questi fu il P. Alessandro De Risio, che, eletto in seguito Arcivescovo di Santa Severina, mori il 20 aprile 1901 in fama di santità. Egli è ricordato ancora in Ciminna con affetto ed ammirazione col nome di P. Delisi.

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2.S. Francesco Apri Link Foto  Chiesa  San Francesco di Assisi

Dopo la Matrice la chiesa più importante del quartiere omonimo è quella di S. Francesco. Le notizie relative alla detta chiesa sono state ricavate dal libro delle rendite, scritto dal P. Bonaventura Sceusa nel 1791 e conservato in quest'ufficio del Registro. Egli racconta che nell'anno 1503 un certo Nicolo La Priola fece il suo testamento presso il notaro Antonino Bonafede da Ciminna, in data del 29 ottobre VII ind., lasciando erede universale del suo vasto patrimonio la ven. chiesa di S. Francesco d'Assisi, da edificarsi colle sue rendite, e delegando come esecutori della sua ultima volontà i minori Conventuali.
Questi accettarono l'incarico con molto piacere, perché avevano il desiderio d'ingrandire il loro convento; ma non potevano farlo per la ristrettezza del luogo e per le frane soprastanti. Perciò dopo la morte del pio testatore, circa l'anno 1505, cominciarono le fabbriche. Costituirono primariamente la navata centrale della chiesa con le rendite del suddetto La Priola e con danaro contribuito da altri benefattori. Quindi fecero un dormitorio con 9 camere esposte a mezzogiorno e 4 a tramontana.
Le fabbriche rimasero in tale stato pel lungo spazio di un secolo, finché un altro benefattore, il Rev. Maestro Vincenzo Li Vaccari da Ciminna, ridusse la chiesa nella forma attuale col cappellone e le cappelle laterali, e ciò con denaro proprio, con elemosine dei fedeli e col contributo di onze 200 ottenuto dal Comune per la sua cooperazione, come appare per epoca del 28 novembre 1657 presso notar Francesco La Vignerà. Questi lavori furono cominciati nell'anno 1621, eh'è inciso nel pilastro maggiore che guarda ad oriente, e furono finiti nel 1649.
Dopo poco tempo il convento fu finito da un altro frate, il P. Salvatore La Vignerà, il quale nel 1668 fece la volta della chiesa e costruì dalla parte d'oriente un nuovo dormitorio con 4 camere fornite di alcove e al di sotto di esso il refettorio, che fu adattato in seguito per uso di teatro ed oggi di carcere mandamentale, e tutto ciò colle elemosine sue e di parenti suoi, ch'erano molto ricchi. Ciò venne tramandato ai posteri con un'iscrizione incisa in una pietra, posta come architrave nella finestra dell'antico refettorio prospiciente nella pubblica strada: Pater Salvator la Vignerà fecit 1668.
Finalmente nel 1802 il P. Luigi Mavaro e il P. Pietro Macaluso da Termini abbellirono di stucco tutta la chiesa, indorarono con oro di mistura la macchinetta del cappellone, e abbassarono l'altare maggiore e la sagrestia, e ciò con onze 170 lasciate in elemosina dal P. Bonaventura Sceusa, che scrisse il libro d'assento e tramandò le suddette notizie.
Il Maestro Filippo Cagliola24 narra che il convento di Ciminna in origine appartenne alla custodia (provincia) di Girgenti, e poi passò a quella di Palermo, e racconta anche che in esso visse il frate Filippo Padormo fino all'età di 115 anni con perfetta salute sino all'ultimo giorno di sua vita. Con privilegio del 16 maggio 1682 il principe di Partanna D. Benedetto Grifeo concesse al convento l'uso dell'acqua che andava alla fontana Piazza, dall'avemaria allo spuntare del sole. La detta concessione fu confermata da un'altra, fatta dal Comune al detto convento con atto del primo novembre XIII ind. 1794 presso il not. Vito Antonino Cottone.
Il convento fu abolito con la legge di soppressione nel 1866 e insieme colla chiesa ceduto al Comune.25
Le congregazioni religiose, appartenenti alla detta chiesa, sono le seguenti.
La compagnia di S. Onofrio, che fu fondata al 1598 nella prima cappella laterale a sinistra di chi entra. Nel detto anno il convento di S. Francesco concesse la sudetta cappella a un certo Marcantonio Colonna e alla consorte di lui, che con memoriale del 26 aprile dello stesso anno ottennero dall'Arcivescovo di Palermo il permesso di fondare una compagnia di S. Onofrio cogli stessi capitoli di quella esistente in Palermo e di poter questuare pel mantenimento di essa. Durò fino al principio del secolo decimonono, poiché nel 1824 contava 32 soci, ed esiste ancora il quadro di S. Onofrio con la sepoltura comune dei confrati, sulla cui lapide si legge la seguente iscrizione: « In divi Onufrii sodali tate sodales conviximus nunc vero donec optata veniant sodalitio marmore copulamur 1621 ».
La compagnia della Concezione, la quale fu fondata nel 1643. Nel detto anno i Padri del convento di S. Francesco, volendo accrescere la devozione a Maria Immacolata, fondarono nella loro chiesa una compagnia colla divisa della Concezione. Ma dopo alquanti anni i confrati della detta compagnia non andarono più d'accordo con essi, e quindi, per essere più liberi nelle loro pratiche religiose, eressero un oratorio in vicinanza della chiesa. Il fondatore fu il Sac. D. Francesco Li Vaccari, beneficiale della chiesa di S. Maria di Loreto, sita in questo territorio, e nella sagrestia di S. Francesco esiste un suo ritratto colla seguente iscrizione: «Vera effigies Rev. Sac. D. Franciesci Vaccari Beneficialis Sanctae Mariae Loreto Purissimae Matris singulari devotione addicti, ipsius oratorii fundatoris, et eximii benefactoris: quod enim vivens semper prae oculis habuit, hoc moriens omnibus suis facultatibus perpetuo ditavit. Obiit die 11 lanuarii 1724 aetatis suae 83 ». Ma nel 1904 la compagnia concesse il detto oratorio alla società filodrammatica Alfieri per l'annuo canone di L. 25,50, come appare per atto del 27 novembre 1905 presso notare Antonino Scimeca, e ritornò nella chiesa di S. Francesco per l'esercizio delle sue pratiche religiose. La congregazione del SS. Viatico, che fu fondata nel 1703 allo scopo di onorare il SS. Sagramento nei viatici e spingere altri a fare la stessa cosa.

24. « Almae Siciliensis provinciae ordinis minorum conventualium S. Francisci manifestationes novissimae sex explorationibus complexae. A patre magistro Philippo Cagliola a Melila eiusdem ordinis ac provinciae Alumno », Venetiis 1644, p. 104.
25. Rimpetto la porta del convento esiste una cappelletta dedicata al SS. Ecce Homo, la quale fu fabbricata nel 1794 a spese del Rev. Padre Frate Salvatore Bufalo da Ciminna, dei Minori Conventuali, e poi ingrandita nel 1798. Nel 1795 fu fatto l'altare di marmo e nel 1802 fu eseguita la mezza statua dell'Ecce Homo, opera dello scultore D. Giacomo Quattrocchi da Palermo, pel prezzo di onze 12.

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3. Purgatorio Immagine
Ill prospetto della chiesa del Purgatorio sporge nella Piazza Umberto I, di cui forma l'ornamento principale.
Anticamente la chiesa aveva il nome di S. Pietro, perché in origine fu dedicata a questo santo; ma dopo la fondazione in essa dell'Unione del Miseremini prese il nome attuale. Non si sa l'epoca della sua fondazione, ma è certo che esisteva nel secolo XV (1468). In essa erano solite farsi a suono di campana le riunioni dei giurati e di tutti i cittadini per deliberare cose importanti. Fu resa sacramentale il 18 aprile XIII ind. 1795 con lettera del ciantro della cattedrale di Palermo Dr. D. Bernardino Serio. Pochi anni or sono era cadente e minacciava rovina, onde rimase chiusa al culto per diversi anni (19031906); ma nel 1905 e 1906 fu riportata. La spesa complessiva fu L. 13700, compreso il prospetto e la porta d'entrata.25
A questa chiesa sono aggregate la venerabile Unione del Miseremini, la confraternità dei SS. Crispino e Crispiniano e quella di Maria SS. Addolorata.
L'Unione fu fondata nel 1602 collo scopo di suffragare i morti e di convertire le anime, e a 12 settembre XV ind. 1631 ottenne il privilegio di essere aggregata all'Unione delle anime purganti di S. Matteo in Palermo. Essa ha molte rendite annuali, che ascendono in tutto a L. 2903,18 e nel 1909 furono trasformate a beneficio dell'ospedale.
La confraternita dei SS. Crispino e Crispiniano fu fondata nel 1620 con atto del 15 gennaio presso il not. La Vignerà da Ciminna, ed approvata dal viceré Conte di Castro il giorno 29 dello stesso mese. I confrati devono essere tutti calzolai e si riuniscono una volta l'anno il 25 ottobre nella festa dei detti santi.
La confraternita di Maria SS. Addolorata, sotto il titolo della Solitudine, fu fondata nel 1774. In origine aveva per fine principale quello di seppellire i cadaveri dei poveri, che non possono sperare esequie all'anima ed avere il corpo cristianamente sepolto. Ebbe il titolo sudetto, perché Maria SS. trovò di grande conforto l'opera di Giuseppe d'Arimatea e di Nicodemo, che deposero dalla croce il Cristo e lo seppellirono con molto onore.

26. Quasi rimpetto la porta della chiesa esiste una cappelletto dedicata a Maria SS. Addolorata, che rimonta ad epoca immemorabile e fu rifatta nel 1879 con grazioso prospetto. La statua dell'Addolorata, che si conserva nella detta cappella, fu eseguita nel 1877 dal compianto Sig. Cassata Francesco da Ciminna.
E' stata chiusa al culto. Non è accessibile.
 

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4. S. Giuseppe Immagine
La chiesa di S. Giuseppe fu fondata dagli antichi abitanti di questa Terra. Intorno all'epoca della sua fondazione non si sa altro, che esisteva nella fine del secolo XV, come si ricava da alcuni documenti esistenti presso la detta chiesa. Alla stessa epoca rimonta la confraternita, che esiste ancora sotto il titolo del Patriarca S. Giuseppe e fu fondata per l'esercizio delle sue pratiche religiose. Costruito poi il collegio di Maria nel 1733, la chiesa divenne sacramentale e nel 1770 fu per opera e denaro di alcune persone, e specialmente del Sac. D. Francesco Manzella, ristorata e ridotta detta cappella, nella forma attuale.27 Pochi anni dopo, e precisamente nel 1779, la chiesa fu decorata e abbellita di stucco, e finalmente negli anni 1903 e 1904 fu adornata di pitture eseguite da D. Filippo Lo Cascio da Lercara.
Il 22 marzo 1901 si sviluppò accidentalmente un incendio, che distrusse il quadro di S. Anna, il quale occupava quasi tutta l'abside, e la statua di S. Giuseppe con la madonna ed il bambino. Subito dopo si raccolse una buona somma nel paese e nella lontana America, e si diede incarico allo scultore Bagnasco da Palermo di fare un'altra statua del santo.
Ora debbo parlare del collegio di Maria, che si trova annesso a questa chiesa e fu fondato nel 1732. In quell'anno il Rev. Padre D. Nicolo Anfossi, insieme coi preti D. Domenico Giglio e D. Giovanni Battista Carnovale, venne in Ciminna per le sante missioni e promosse la fondazione del collegio, come unico mezzo per la buona educazione delle ragazze. Incoraggiati dal detto Anfossi e dall'arciprete D. Onofrio Affrunti si unirono i baroni D. Filippo Ciminna e D. Alonso Spatafora, i dottori D. Vincenzo Gentile e D. Francesco Maria Canzoneri, il Rev. abbate D. Francesco Morici, D. Rosario Scimeca vicario foraneo, e i Sac. D. Rosario Lo Cascio e D. Domenico Chirafiso, e, con atto di fondazione del 25 settembre XI ind. 1732 presso notar Domenico D'Alessandro, assegnarono alcune rendite per la fabbrica del collegio e pel mantenimento dell'educande.
Lo scopo è detto diffusamente nel citato atto di fondazione, e consiste nell'orazione e nell'insegnamento della religione e de' lavori donneschi a tutte le bambine e le ragazze del paese, e ciò a gloria di Dio e senza speranza d'alcuna mercede.
Nell'anno seguente 1733 i sudetti fondatori, colle rendite e con elemosine pubbliche, cominciarono la fabbrica del collegio, a cui la confraternita di S. Giuseppe concesse gratuitamente l'uso della chiesa con facoltà di aprire grate per la confessione, comunione ed altro, e alcuni casalini appartenenti ad essa. Nello stesso tempo pensarono a provvedersi di due maestre per insegnare le ragazze a guisa degli altri collegi, ed dessero Suor Maria Crocifissa Lo Piccolo della Terra di Marineo, monaca oblata dei Servi di Maria SS. Addolorata Porrello da Monreale, educanda in quel collegio, che fu il primo ad essere fondato in Sicilia.
Portato in forma acconcia il nuovo collegio, il primo settembre 1733 si fecero venire la Lo Piccolo e la Porrello, alle quali si unì un'altra educanda di quel collegio Suor Giovanna Chiara da Palermo, accompagnate dal Rev. Dr. D. Filippo Seggio canonico di Monreale.
Dopo alcuni giorni di riposo le sudette religiose aprirono le scuole, istruendo le fanciulle nei lavori manuali e nei misteri della religione e con tale profitto, che ogni mese si facevano dispute pubbliche in materia di dottrina cristiana nella Matrice o nella chiesa di S. Giuseppe. Il collegio adottò la regola del Card. Corradino, che fu approvata da Clemente XI l'anno 1717 e forma lo statuto di tutti i collegi di Maria in Sicilia. Nel 1752 con lettera del 7 ottobre, emanata dall'Are, di Palermo Fr. D. Giuseppe Melendez, si ottenne che il voto di perpetua permanenza potesse in avvenire essere abrogato dal solo pontefice. Nel 1779 e 1780 fu formato il libro delle rendite, dal quale sono ricavate le notizie sopradette.
Il collegio cominciò ad ingrandirsi sin dal suo nascere e crebbe coli'assegnamento di altri poderi, rendite e legati di diversi benefattori, e sino al 1785 perdurò nel suo splendore; ma da tale anno, in cui si pensò ad ingrandirlo colla fabbrica di un nuovo corridoio e di nuove celle per le convittrici, si gravò di molti debiti e s'impoverì fino all'indigenza.28
Ora il collegio è al quanto migliorato nelle sue condizioni economiche, poiché il Can. D. Francesco Savona vicario foraneo, con testamento pubblico del 5 agosto 1878 presso il not. Alvano Tinnaro da Palermo legò alle povere moniali del collegio un canone annuale netto di salme sei, tumoli sette e mondelli due di frumento. Oltracciò è aumentato il numero delle convittrici e per l'attività dell'attuale supcriora Suor Maria Angela Cavadi, il collegio sembra avviato a migliore avvenire.
27. Nel 1851 fu riparato il prospetto, che era cadente.
28. Archivio di Stato di Palermo, Commissione suprema della pubblica istruzione, anno 1819, voi. 29.

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5. S. Maria dell'Itria
Della chiesa di S. Maria dell'Itria manca il titolo di fondazione, ma dal libro delle rendite, fatto nel 1746 dal P. Lettore Vincenzo Maria Alberti domenicano, si rileva che essa esisteva sin dai primordi del secolo XVI. Infatti a pag. 29 del detto libro si legge che nel 1509 un Bernardo India, venendo a morte, legò alla venerabile chiesa di S. Maria dell'Itria tari diciotto annuali, a lui dovuti da Andrea Rizzo sopra una casa sita in vicinanza del castello, giusta atto dell'8 ottobre Vili ind. 1509 presso notare Antonino Bonafede da Ciminna.
Nel 1780 fu fondata nella detta chiesa la venerabile compagnia di S. Maria dell'Itria. I confrati nelle funzioni sacre vestivano un sacco bianco, calzette pure bianche e scarpe con fibbia, mantello e cingolo di coler celeste e nel centro del petto l'emblema di Maria SS. Il superiore e i congiunti della compagnia portavano anche nelle spalle un cappello di color celeste con un fiocco dello stesso colore. La compagnia dura ancora con un numero esiguo di confrati, che non adottano più alcuna divisa.


Detta chiesa non esiste più

 

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6. S. Maria di Porta S. GerardoApri Link Foto Chiesa  Santa Lucia
La chiesa di S. Maria di Porta S. Gerardo è una delle più antiche, ma non se ne può precisare l'epoca per mancanza di documenti. E certo ch'essa esisteva nel secolo XV, perché con atto del 7 marzo Vili ind. 1475 presso nòtaro Antonino di Michele da Termini i confrati della detta chiesa concessero l'uso di essa al Rev. P. Giovanni de Prioris guardiano dei Minori Conventuali. Questi potevano servirsene di giorno e di notte pel divino officio, sonare le campane, celebrare messe, seppellire i morti e aprire una porta di comunicazione col convento, del quale esiste ancora qualche traccia nella casa appartenente a certo Monastero Salvatore.
Sull'origine del detto convento il P. Maestro Filippo Cagliola29 ritiene probabile che esso sia stato fondato verso la metà del secolo XV; ma la data più attendibile è quella del sopradetto atto di concessione, essendo inverosimile che il convento abbia potuto esistere senza l'uso della chiesa. Il Tossiniano, citato dal Cagliola, scrisse che il convento fu edificato da Frate Pietro Turco e Francesco Castellano, e questa opinione sembra confermata dal fatto, che nella chiesa di S. Francesco, sotto la balaustrata dell'altare maggiore, si osserva ancora una lapide colla seguente iscrizione: « Hoc fecit fieri Fratri P. Turcu Guardianu MCCCCLXXXX »30 Ma ciò sembra inverosimile, perché prima di questo frate fu guardiano del convento quel Giovanni de Prioris, che nel 1475 ottenne dai confrati l'uso della chiesa. Il convento fu abbandonato quando i Minori Conventuali andarono a stabilirsi in quello nuovo.

29. Op. cit., in nota, p. 170.
30. Questa lapide, anteriore alla fondazione della chiesa di S. Francesco, dovette esservi trasportata da S. Maria del piano..
Detta chiesa non esiste più

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7. S. Giovanni Battista Apri Link Foto Chiesa  San Giovanni B.
La chiesa di S. Giovanni Battista da per la sua importanza il nome al quartiere omonimo, e la suo storia è legata a quella del SS. Crocifisso, che si venera in essa.31 Anticamente era un piccolo oratorio, dedicato a S. Giovanni Battista e destinato alle pie adunanze d'una confraternita che portava il titolo del luogo e dura tuttora col nome del SS. Crocifisso. In quell'oratorio si conservava un'effigie in legno del SS. Crocifisso, che si portava nelle vie per accompagnare i morti. Or nella citata storia del detto Gigante si legge, che nel 1623 un certo Battolo Caiazza, uomo di cattiva fama, fu di notte tempo barbaramente ucciso con un colpo di fucile. La mattina seguente si raccolsero intorno al suo domicilio, ch'era nelle adiacenze del luogo ove sorge la cappelletta di S. Croce al Canale, le confraternite, i religiosi e il clero con le proprie insegne, fra le quali vi era quella del SS. Crocifisso. Ma avviata la processione, il giovane che portava la detta immagine non potè sollevarla dal suolo, né staccarla dal muro, finché il cadavere non fu giunto nella chiesa ove fu seppellito. Allora potè prenderla agevolmente e riportarla nel proprio oratorio di S. Giovanni Battista, con gran meraviglia di quanti seppero tal fatto.
Da quel giorno in poi la sacra immagine non fu portata più per le vie e, messa sopra un altare dell'oratorio, si cominciò a tenerle accesa una lampada e a dirle qualche messa con l'elemosine dei vicini. Nell'anno 1651 si pensò di venerare la sacra immagine in modo particolare. Perciò raccolte alcune elemosine, il giorno 5 maggio si cominciò, colla licenza del vicario foraneo, a chiamare il popolo colle campane, e nel detto giorno furono da Dio operati molti prodigi, che si trovano descritti nella citata storia del Gigante. Perciò fu deliberato di comune accordo celebrare in onore di essa una festa solenne e portarla in processione per le vie. Quindi chiesta ed ottenuta la licenza dell'Arcivescovo di Palermo D. Martino di Leone Cardenas e del vicario foraneo D. Santo Gigante, fu stabilito celebrarsi la festa nella prossima domenica, a dì 14 dello stesso mese.
Non si può descrivere con quale pompa e solennità essa fu celebrata. Magnifico l'apparato in chiesa, immenso il concorso dei forestieri venuti dai vicini paesi per la fama prodigiosa della sacra immagine, riuscita ogni cosa in modo stupendo; ma quella che restò per sempre memorabile, per le meraviglie avvenute, fu la processione, che è descritta diffusamente nel citato manoscritto del Gigante. Da quell'anno in poi non si cessò mai dal celebrare la detta festa in modo sempre più solenne, stabilendosi per sempre il primo giorno del mese di maggio, che da alcuni anni in qua fu trasferito alla prima domenica dello stesso mese.
Accresciuto il culto della sacra immagine, si sentì il bisogno di costruirle una chiesa più grande, che si cominciò a fabbricare nello stesso sito, ove sorgeva quella antica, e nei locali adiacenti posseduti dalla confraternita. I mezzi necessari furono apprestati da ogni ceto popolare, con obbligazioni volontarie e fatiche personali, e fra tutti si distinse il barone D. Filippo Ciminna.32 Non si sa l'anno preciso in cui venne cominciata la fabbrica, ma fu nella seconda metà del secolo XVII, e cominciò con tanto entusiasmo che non permise indugi e produsse alcuni errori tecnici, che si osservano tuttora. Anche le basi risentirono la fretta del lavoro, perché non sono molto profonde e quindi le fabbriche sono poco solide.
Ma coll'andar del tempo il fervore del popolo si rallentò al quanto, e si riaccese dopo per un fatto, raccontato nella relazione manoscritta, che si attribuisce al cappellano D. Filippo Cascio. Nel tempo in cui si costruiva la nuova chiesa la sacra immagine fu collocata in una cappella ben decorata della Matrice. Ora il reverendo Sac. D. Benedetto Liccio e Fedele, trovandosi nel 1709 cappellano notturno e passando una sera, alle ore 3 di notte, nella chiesa per pregare al solito la sacra immagine, nel prostrarsele innanzi videla cogli occhi aperta, e, quel eh'è più meraviglioso, sentì dirle che andasse a riferire ai rettori della fabbrica che voleva terminata la sua chiesa. A quella vista e a quelle parole restò tanto sbigottito il Liccio che, riferita l'ambasciata e ammalatesi per lo spavento, dopo pochi giorni se ne morì a 29 ottobre dello stesso anno.
Allora si ripresero subito i lavori e si terminò l'opera. A perpetua memoria fu collocata nel prospetto la seguente iscrizione:
Praecursor ad Christum:
Tu ad me venis? Matth. e. 3 v. 14
Hospite te puero salvavi: hac
Aere peremptum Excipio: heu stupidus reddor
Agone silex.
A. A. R. S. 1709.

Questa chiesa è, dopo la Matrice, il più bel tempio che si ammira in Ciminna, e conserva ancora il nome di S. Giovanni Battista. Essa è esposta ad occidente ed ha un magnifico prospetto con tre porte d'entrata. Internamente forma tre navate divise da due ordini di cinque colonne per ogni lato, e nella tribuna maggiore è collocata la sacra immagine del SS. Crocifisso.
Ma la pietà del popolo verso la detta immagine non si arrestò alla costruzione della chiesa, ma continuò ad abbellirla ed arricchirla di preziosi arredi sacri. Nel 1792 fu adornata di stucco dal maestro Leoluca Guarneri da Corleone; nel 1811 fu eseguito da D. Francesco Quattrocchi da Palermo l'altare della tribuna maggiore, e finalmente nel 1846 fu ammattonato il pavimento e vi si fece nel centro il bellissimo dipinto, di cui parlai a pag. 121. Fra gli arredi sacri sono notevoli: una sedia per messa cantata, una casupola ricamata d'oro e seta sopra raso bianco; una cappella intera di seta color latte ricamata in oro; una sfera grande d'argento indorato; due lampadari d'argento donati dai legnaiuoli di Ciminna, uno nel 1656 e l'altro nel 1663; un boccale e una palangana d'argento lasciati dal Dr. D. Calagero Cascio; una pace d'argento per gli antichi giurati, e i seguenti oggetti pure d'argento per la sacra immagine, cioè una croce d'argento con l'anima di legno lunga m. 2,18 e fatta nel 1782, un diadema, una corona di spine, una brachetta e una gioia d'oro con pietre rosse.

31. Sulla storia di questa sacra immagine esistono due documenti manoscritti, che si conservano nell'archivio di S. Giovanni. Il primo è un'Historta della miraculosa imagine del SS. Crocifisso di Ciminna, scritta nel 1651 dal Dr. in S. T. D. Santo Gigante, vicario foraneo; il secondo è una Relazione detta venerabile Imagine del SS.mo Crocifisso che si conserva nella Chiesa di S. Giovanni Battista di Ciminna, scritta nel secolo seguente e attribuita per tradizione al Dr. in S. T. D. Filippo Cascio, cappellano della detta chiesa.
32.Egli fu il più illustre benefattore della detta chiesa, alla quale legò una messa festiva. Fu sepolto nella chiesa di S. Domenico, e sulla sua tomba si legge il seguente elogio: « D. Philippus Ciminna Baro Mathiae propter eius liberalitatem in pauperes, ab his pater pauperum erat vocatus in amplexum Crucifixi lesus requievit die 23 februarii suae aetatis anno 76 Christi vero MDCCXXXVI».

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8. S. Domenico Apri Link Foto Chiesa San Domenico
Un'altra chiesa importante in questo quartiere è quella di S. Domenico, della quale passo a narrare brevemente le vicende. Nel 1510 due benefattori, chiamati Giacomo e Nicolo di Bilie, donarono all'ordine dei Domenicani un luogo, sul quale essi fondarono il convento col nome del SS. Salvatore. Esso nel 1520 fu accettato dal Rev. Generale Maestro Fr. Garsia di Loaisa, e il primo priore fu il Rev. P. Fr. Tommaso della Caraca. Di ciò si ha notizia in una lapide antichissima, che fino all'epoca della soppressione era sopra la porta del convento e in cui erano scolpite le seguenti parole: « Hunc locum dedit Praedicatorum ordini devota domus de Bilie MDX, qui sp. Conventus fuit hic acceptatus per Rev. Generalem Magistrum Garsiam a Loaysa Hyspanum MDXX. Et primus Prior fuit Ven. fr. Thomas de la Caraca ».33
La chiesa, annessa al convento, fu sin dalla sua origine dedicata al SS. Salvatore, e ciò si rileva dall'iscrizione esistente nell'arco del cappellone: Dea Salvatori nostro. Essa con breve pontificio del 2 aprile 1536 fu data all'ordine con facoltà di farvi tutti gli esercizi spirituali, fabbricarvi e farne uso come cosa propria. Sulla fondazione della detta chiesa si può dire solamente che esisteva prima del convento, come si rileva dal MS. del Muscia, conservato nella Biblioteca Comunale di Palermo e segnato colle lettere Qq E 13, col titolo: «Notitiae variae ex reg. Curiae Arch. Pan. », nel quale a pag. 47 si legge: «A 13 febbraio 1510 fu data licenza ad istanza dell'Università di Ciminna ai frati di S. Domenico di costruire in vicinanza della chiesa del SS. Salvatore un convento salvis tamen iuribus, quae de iure competi possunt ordinario». Ciò è confermato anche dall'iscrizione di una campana, la quale fu fusa per la detta chiesa e porta la data del 1494 «XPS. vincit. XPS. regnat. XPS. imperai MCCCCLXXXXIIII ». Da quell'epoca in poi i Domenicani tennero la chiesa come cosa propria, facendo delle fabbriche, degli adorni e anche delle concessioni di suolo.
Nel 1587, a 16 dicembre, il convento ebbe tolto il titolo di priorato dal visitatore apostolico Antonio Mattoncini, col consenso di quaranta Padri Domenicani radunati nel convento di Palermo.34 Ma in seguito gli fu restituito il detto titolo; infatti con memoriale del 18 gennaio 1793 il Capitano, i giurati e il Sindaco di Ciminna supplicarono il viceré di sollecitare la conferma del Priore del Convento di S. Domenico in persona del P. Fr. Santo Grech. Nel 1786 il convento, forse per la pochezza delle sue rendite, fu minacciato di soppressione; ma i giurati di Ciminna con supplica diretta al viceré ne scongiurarono il pericolo.35
Il più insigne benefattore del convento S. Domenico fu D. Guglielmo Ventimiglia, marchese di Ceraci e allora barone di Ciminna, il quale concesse ad esso due salme e mezzo di terre incolte, franche da ogni peso, per piantarvi una vigna per uso dei frati, come infatti fu eseguito. Questo convento fu detto insigne nel Lexicon topographicum di Vito Amico, ed era rinomato per l'istituzione delle scuole pubbliche fondate dal barone D. Alonso Spatafora e per la dimora fattavi da uomini illustri per dottrina e santità di vita. Fra questi accenno al P. Maestro Ottaviano Bulgarino da Ciminna, del quale parlai a pag. 145146, al P. Maestro Gius. Gigante, che fu provinciale di Sicilia, visitator generale nella Puglia, e qualificatore del Santo Officio, al P. Maestro Enrico La Monica, priore del convento di S. Zita in Palermo, al Rev. P. Fr. Bernardino Faso, oratore e poeta che pubblicò varie opere, cioè la Notte sacra del S. Natale, la Morte di Cristo, le Cinque Vergini Palermitane, l'Esequie di S. Rosalia ed altre, al Baccelliere P. Fr. Vincenzo Maria Alberti,36 che insegnò filosofia e teologia agli studenti religiosi del convento, al Baccelliere P. Fr. Vincenzo Brancato da Ciminna; del quale si parlò a pag. 148 e 149 e finalmente a Fr. Lucca da Ciminna e al P. Santo Grec da Malta, che vissero e morirono in fama di santità e dei quali si parlerà in altro luogo di questa storia. Il convento fu soppresso con la legge 7 luglio 1866, e poi venduto a un privato.
In questa chiesa, e precisamente dinanzi la cappella di San Vincenzo Ferreri si legge la seguente iscrizione, riportata da Francesco Maria Emanuele marchese di Villabianca a pag. 243 del suo manoscritto intitolato: Iscrizioni sepolcrali della Sicilia, esistente nella biblioteca comunale di Palermo e segnato Q' D 123: « Art. Med. Professor D. Vincentius Deodato, postquam semel Capitanei, bis lurati munera exercuisset, ea qua ligabatur coniugi lege solutus, mundo valedicens, altari se mancipavit Sacerdotio initiatus, et Ben. lis titulo insignitus. Fundatis una cun Rev. Sac. D. Sebastiano Deodato pariter Art. Med. Professor tribus beneficiis, buie a se constructo S. Vincentii sacello addictis per acta Not. D. Bernardi Cirincione, morte praeventus 35. aetatis suae anno, non sine cariss. fratris, civium omnium, quibus erat benemeritus, moerore, diem claudens extremum 21 Decembris 1792 hic tumulatur».
Nella detta chiesa esiste la compagnia del SS. Nome di Gesù, che fu fondata nel 1570 e nell'anno seguente eresse la cappella omonima, che appartiene ad essa. Ogni anno il primo gennaio vi si celebra la festa della Circoncisione colla processione d'una statuetta del Bambino, che fu donata alla detta compagnia nel 1667 con testamento di Maestro Antonino Scorsone, fatto il 25 novembre XIII ind. presso il notar Giovanni de Aijra da Ciminna.

33. Assento delle rendite del ven. Convento di S. Domenico della Terra di Ciminna, formato dal Rev. P. F. Vincenzo M. Alberti nel 1744 e conservato nell'ufficio del Registro di Ciminna.
34. Giovanni Michele Piò Della nobile progenie di S. Domenico.
35. Archivio di Stato di Palermo, R. Segreteria, Rappresentanze del Regno, Busta n. 2294.
36. Acta capituli provinciali* provinciae Siciliae ordinis Praedicatorum Marsaliae. Die 1 decembris 1759, Panormi 1761, p. 36.
 
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9. Oratorio di S. Domenico
Nel 1554 fu fondata nella chiesa di S. Domenico la confraternita del SS. Rosario, che coi Padri del convento fece un capitolato da eseguirsi da entrambe le parti. Ma dopo un certo tempo i confrati del Rosario non andarono più d'accordo coi detti Padri e per aver maggiore libertà eressero l'Oratorio, che fu finito di costruire e benedetto nell'anno 1676. Nelle funzioni sacre i confrati del Rosario vestono un sacco bianco, che li copre dal collo fino ai piedi, un cappuccio e un cingolo neri, calzette e scarpe dello stesso colore e portano una placca sul petto con l'emblema di Maria SS. del Rosario.

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10. S. Giacomo Immagine
La chiesa di S. Giacomo è vicina a quella di S. Giovanni, e sulla sua fondazione si può dire solamente che esisteva sin dal secolo XVI (1540). Fu ristorata nel 1894.
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11. Chiesa dell'OspedaleImmagine
La chiesa dell'Ospedale fu fondata per servizio degl'infermi nel 1766, quando esso fu impiantato nel luogo attuale. Vi si celebra ogni anno la festa della Pentecoste, che in altri tempi si faceva in modo più solenne.

E' stata chiusa al culto. Non è accessibile.
 
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12. Raccomandata
La chiesa della Raccomandata da il nome al quartiere per la sua antichità, e la storia di essa è compendiata in un'iscrizione scolpita sopra la porta. Nel 1230 era una piccola chiesetta lontana dall'abitato e dedicata alla Madonna della Grazia. In essa si portava ogni anno l'olio santo, e di là, fino ai tempi in cui fu posta la detta iscrizione, si trasportava in procesione solenne alla Matrice. Nel 1400 la detta chiesetta fu trasformata in forma di tempio col nome dell'Assunta, 37 onde da tempo immemorabile se ne celebra ogni anno la festa a 15 agosto, e un secolo dopo vi si fabbricò a lato un Ritiro di donne, distrutto forse coll'andar del tempo e poi nuovamente fondato verso il 1660 da Suor Margherita Corradino nella sua casa d'abitazione col titolo della Carità, perché vi erano raccolte per servizio di Dio alcune fanciulle povere terziarie dell'ordine di S. Benedetto. Esso in principio non aveva alcuna comunicazione colla chiesa, ma dopo poco tempo l'ottenne per servizio religioso delle ricoverate. Sull'esistenza di questo secondo ritiro vi sono documenti pubblici; e infatti, in un atto del 17 maggio XV ind. 1662 presso il notar Francesco Polizzi, si legge che Suor Peregrina Canzoneri, vedova in prime nozze del notare Antonino Corradino, padre della detta Margherita, ed in seconde nozze del Dott. Vincenzo Pagano, donò al detto Ritiro un'annua rendita di onze 6 e una casa a pianterreno, sita nel quartiere di S. Giacomo; ma poi revocò la detta donazione col suo testamento, fatto il 9 luglio IV ind. 1666 presso il notaro Antonino Polizzi. In un altro atto dell'8 marzo I ind. 1663 presso il notar Giovanni de Aijra, si leggono in principio le seguenti parole: « Apud Devotum Retiratorium Charitatis Monialium Ordinis Sancii Benedicti huius Terre Ciminnae fundatum in Domo Sor. Margaritae Corradino superiorae d. Retiratorii». Nel detto Ritiro visse e morì santamente Suor Elisabetta Trippedi, della quale si parlerà in altro luogo di questo libro. Colla morte della fondatrice, avvennula in età di anni 81 il 5 agosto 1712, cessò d'esistere l'istituto, che per lo scopo di beneficenza, da cui era retto, meritava certo migliore sorte. La pia Corradino fu sepolta dentro la chiesa di S. Francesco, in una cappella di suo patronato, e sulla sua tomba si legge la seguente iscrizione: « De Corradinis hic nata simul parentes Margarita iacet donec ad astra volent 1689 ».
Ma coll'andar del lempo la chiesa si ridusse molto cadente; e il dottore in medicina D. Luca Monasterio la ristorò in forma più adorna, colla spesa di duemila scudi. Oltracciò egli la fornì di quadri, palii ricamati, organo, candelieri ed altri giogali, e infine la dotò di rendite. Voleva anche fondarvi un istituto di preti per assistere a ben morire e fab bricarvi a lato il locale,38 non potè farlo, forse perché morì dopo poco tempo il 3 ottobre 1671. Fu sepolto nella detta chiesa insieme colla sua coniuge Caterina Turrito, e sulla sua tomba si legge la seguente iscrizione: « A. et M. D. Lucas Monasterius sibi suaeque coniugi Caterinae pie providus, hic ad aram, ut animae subleventur corpora sacris calcari pedibus meruit 1658 ».
Ecco ora l'iscrizione, che si legge nel prospetto della chiesa e dalla quale principalmente si sono ricavate le seguenti notizie:

Ad maiorem Deiparae gloriam Quod olim sub ipsa Ciminnae primordia anno 1230 tuncc eminus extra muros
Exiguum erat Sacellum Divae Mariae Gratiae dedicatum; Unde Sacra Olea solemniter in Matricem ad haec usque tempora deferuntur,
Quodque sub annum 1400 in Templum nomine Assumptae conversum,
Inde vero 1500 titulo Raccomandatae a consororibus pie rectum,
Et anno demum 1620 benefici titulo decoratum, Ut in uno septem eiusdem Virginis festa gyro perpetuo recolantur;
Et ad pia Agonizantium opera pateat generale refugium Dr. D. Lucas Monasterio, vel in hoc edam medicus, triplicicurae intentus,
Vetustate purgatum concinnius redivivum, Immortalitati restituii .
1670.
37. La campana grande della detta chiesa porta la data del 1450, e quella piccola del 1505. Quest'ultima fu nuovamente fusa nel 1779.
38. Ciò si rileva anche da un memoriale,fatto dal detto Monasterio all'Arcivescovo di Palermo, in data 8 febbraio IX ind. 1670.

Di detta chiesa non rimane traccia, è stata demolita e nel sito è stata costruita abitazione ad uso privato.

 

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13. Carmine Immagine
Nel libro delle rendite, appartenente alla chiesa del Carmine e fatto nel 1784 dal Sac. Dr. D. Antonino Alonge, si legge che gli antichi abitanti di questa Terra fabbricarono una chiesa dedicata alla SS. Trinità. Col decorso dei tempi vi fondarono una confraternita dello stesso nome, e per devozione alla Madonna del Carmelo negli anni 1602 e 1603 costruirono un conventino, formato da un piccolo dormitorio con cinque celle, dal refettorio, dalla cucina, dalla dispensa e da un giardinetto.
In esso dovevano dimorare almeno due religiosi dell'ordine Carmelitano, dei quali uno doveva essere prete. E per evitare discordie e risse fra' religiosi e i confrati, con atto del 25 dicembre 1601 presso il notar Francesco Urso, si fece un capitolato, in forza del quale la chiesa fu consegnata ai detti religiosi, eccetto una sola cappella rimasta per uso dei detti confrati.
Il conventino durò soli 57 anni, poiché nel 1660 fu soppresso dall'l.mo e Rev. D. Pietro Martinez, Arcivescovo di Palermo e delegato della sede apostolica, poiché i religiosi non possedevano il mantenimento prescritto dalle costituzioni e bolle pontificie.
Nel 1728 la signora D. Giovanna Grifeo e Filingeri, duchessa di Ciminna, donò alcune rendite alla detta chiesa e nei locali dell'abolito conventino fondò un reclusorio di donne oneste, collo scopo di attendere al divino servizio. Ma esso durò assai poco, poiché dopo la morte della pia fondatrice mancarono i mezzi necessari al suo mantenimento.
Con le rendite donate dalla principessa Grifeo e con elemosine fatte da alcuni devoti, e specialmente da D. Giovanni Martino Bongiorno e dal Sac. D. Francesco Passantino, nel secolo XVIII la chiesa fu ristorata e ridotta alla forma attuale.
Allora fu resa sacramentale con privilegio del 26 aprile V ind. 1787, emanato dall'Arcivescovo di Palermo.
Le rendite furono accresciute in seguito per devozione dei fedeli alla Madonna del Carmine, ed incamerate dal demanio con verbale del 28 settembre 1868.
In questa chiesa esiste la confraternita della Mastranza, che ha lo scopo di fornire a spese proprie la cera al clero e ai confrati nella processione del SS. Crocifisso.

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14. S. Francesco di PaolaApri Link Foto Chiesa San Francesco di Paola
La chiesa di S. Francesco di Paola fu in origine dedicata a S. Leonardo, di cui esiste ancora una statua in legno e se ne celebra ogni anno la festa a 6 novembre. In essa vi era una confraternita religiosa, che amministrava le rendite. S'ignora l'epoca precisa in cui fu costruita, perché manca il titolo di fondazione. La storia certa di questa chiesa cominciò nei primordi del secolo XVII.
Nel 1608 alcuni Padri dell'ordine dei Minimi di S. Francesco di Paola vennero a stabilirsi in questa Terra e cominciarono a fabbricare il convento con la relativa chiesa nel piano delPApurchiarola. Essi avevano scavato le fosse delle fabbriche, quando venne loro offerta la chiesa di S. Leonardo insieme con onze cinque di rendite annuali, che la confraternita assegnò con atto del 13 dicembre VII ind. 1608 presso il notar Nicolo Facella da Ciminna, e l'Arcivescovo di Palermo confermò con memoriale del 10 gennaio VII ind. 1609.
I Reverendi Padri accettarono l'offerta e, lasciati i lavori iniziati, fabbricarono il convento a lato della detta chiesa, che d'allora in poi prese il nome di S. Francesco di Paola e divenne sacramentale.
La data della fondazione risulta anche da una antica lapide, esistente fino a poco tempo addietro nell'exconvento, e da quello che si legge a fog. 412 della cronaca generale dell'ordine dei Minimi, stampata a Parigi nel 1635 e citata a pag. 24.
Nel 1752 il convento era divenuto un poco cadente, e fu riparato dai frati colla spesa di onze 291.29.5, che in parte furono impiegate nelle fabbriche eseguite in altre case di loro proprietà.
Esso fu colpito dal R. Dispaccio del 17 dicembre 1768 sull'abolizione dei piccoli conventi, e pertanto il 20 agosto 1792 ne fu ordinata la soppressione. Nel 1844 il Decurionato, con deliberazione del 15 febbraio, fece istanza al Re pel ripristinamento del detto convento; ma essa rimase priva di effetti.
Nel 1890 la chiesa fu abbellita d'alcune pitture relative alla vita di S. Francesco di Paola ed eseguite dal compianto D. Francesco Cassata, e vi si celebra ogni anno la festa del detto santo.

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15. S. SebastianoApri Link Foto Chiesa San Sebastianao
Nel quartiere di S. Sebastiano sono le seguenti chiese: S. Sebastiano, S. Andrea e Anime Sante
La chiesa di S. Sebastiano sorge nella parte superiore del paese e da il suo nome al quartiere omonimo. La sua fondazione è incerta, e si può dire solamente che esisteva sin dal secolo XVI. Anticamente era composta di tre navate, ma nel 1808 i rettori concessero a case le due navate laterali, e quindi essa divenne più piccola.

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16. S. Andrea
La chiesa di S. Andrea si trova in vicinanza di quella sudetta, ed esisteva sin dal secolo XVI. Nel 1908, per disposizione del Card. A. Lualdi, fu in parte trasformata in ricovero di poveri. Un piccolo muro divide il dormitorio di questo dall'altare maggiore, che fu lasciato per potervi celebrare delle messe. La statua di S. Andrea fu trasportata alla Matrice, dove trovasi conservata in una cappella.

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17. Anime SanteImmagine
La chiesa delle Anime sante è un piccolo oratorio di recente fondazione. Nel 1832 fu costruita una cappelletta dedicata alle dette anime, e nel 1905, essendo accresciuta la devozione del popolo, fu ingrandita coll'acquisto di due camerette, fatto per iniziativa di Andrea Brancato con atto del 12 febbraio presso il not. Giuseppe Ingraffia.