|  
                        1. 
                          Condizioni della pubblica sicurezza 
                          in Ciminna nel principio del secolo XIX1. Archivio 
                        di Stato di Palermo, R. Segreteria, Rappresentanze del 
                        Regno, busta n. 2.394.
 Nel principio del secolo scorso le condizioni 
                          della pubblica sicurezza in Ciminna, come altrove, erano 
                          molto deplorevoli pel numero straordinario di malviventi, 
                          che attentavano agli averi di casa e alle proprietà 
                          di campagna. Per buona fortuna di questa popolazione 
                          era allora Capitano d'Armi D. Ignazio Valenza, il quale 
                          si cooperò con efficacia al ristabilimento della 
                          pubblica tranquillità. Il paese fu riconoscente 
                          al detto Capitano, e tutte le autorità locali 
                          mandarono un memoriale al viceré, lodando immensamente 
                          l'opera di lui e pregando che fossegli ordinato di continuare 
                          sino alla fine la sua impresa.1
 Il viceré ordinò che si facesse quanto 
                          si chiedeva; ma, ciò nonostante, pare che non 
                          fosse ritornato interamente il rispetto alla proprietà 
                          altrui, poiché a 25 novembre dell'annoseguente 
                          1803 la Corte Capitaniale di Ciminna espose al governo 
                          il danno, che cagionavain queste terre il bestiame introdotto 
                          dai caprai e dai boari.
 
                         
                          
                          
                         2. 
                          Rappresentanti di Ciminna al Parlamento siciliano del 
                          1812-1815.   Nel Parlamento siciliano 
                        del 1812, aperto il 18 luglio coll'intervento dei tre 
                        bracci e chiuso il 4 novembre del detto anno per le dissenzioni 
                        in esso insorte, Ciminna fu rappresentata nel braccio 
                        baronale dal suo duca D. Benedetto Grifeo, principe di 
                        Partanna. Ma nell'anno seguente 1813 il Parlamento fu 
                        aperto l'8 luglio con due camere, l'una dei Pari formata 
                        da coloro che costituivano i due bracci baronale ed ecclesiastico 
                        e l'altra dei Comuni formata da tutti i rappresentanti 
                        delle popolazioni demaniali e baronali. Ciminna elesse 
                        il suo deputato nella persona del barone Dr. D. Francesco 
                        Ciminna e Naselli, che la rappresentò fino alla 
                        chiusura di esso, avvenuta il 30 ottobre dello stesso 
                        anno. Nel Parlamento successivo del 1814, aperto il 18 
                        luglio e sciolto dopo cinque giorni, il 23 dello stesso 
                        mese, Ciminna mandò per suo rappresentante il Sig. 
                        D. Saverio Palmeri da Termini. E finalmente nell'ultimo 
                        Parlamento, aperto il 22 ottobre dello stesso anno 1814 
                        e sciolto allora per sempre il 15 maggio 1815, Ciminna 
                        elesse a suo rappresentante il Dr. D. Filippo La Porta.
  
                        Top    3. 
                          Moti politici del 1820.  Nel mese di luglio dell'anno 
                        1820 scoppiò in Palermo un'insurrezione popolare 
                        per aver la costituzione spagnuola e l'indipendenza da 
                        Napoli. Il popolo corse per gli uffici pubblici, da recente 
                        istituiti, della carta bollata, del Registro, delle Ipoteche, 
                        del Catasto e dell'Intendenza, e ne bruciò le carte. 
                        Ciminna, appreso il tumulto della capitale, ne imitò 
                        subito l'esempio, e un popolo immenso assalì la 
                        casa comunale e bruciò le carte in essa esistenti, 
                        facendone mucchi nella pubblica piazza.2 
                        Quante notizie preziose perla storia del paese andarono 
                        perdute in un momento! Ma i popoli s'abbandonano spesso 
                        ad atti vandalici, che riescono di danno ai loro interessi.Il popolo mostrava intendimenti rei e perversi e minacciava 
                        la vita e le sostanze dei possidenti, come suole avvenire 
                        in tutte le sommosse popolari della plebe; ma quelli si 
                        difesero organizzando una guardia civica e una giunta 
                        provvisoria.
  
                        2. 
                          Poche furono le carte scampate da quell'incendio, e 
                          di esse ora esistono due soli registri di deliberazioni, 
                          appartenenti agli anni 1780-90 e 1813-18 e un altro 
                          registro appartenente agli anni 1792-96. Gli atti dello 
                          stato civile e gli altri documenti, esistenti nell'archivio 
                          comunale sono posteriori alla detta epoca. Essi erano 
                          ammassati senza alcun ordine in un locale angusto; perciò 
                          il Consiglio comunale, con deliberazione del 30 agosto 
                          1909, diede incarico agl'impiegati di segreteria di 
                          scartare le carte inutili e ordinare le altre. Ciò 
                          fu eseguito per opera principale delTAw. Pietro Anselmo, 
                          segretario comunale, il quale merita non poca lode
  
                         
 Top
 4. 
                          Epidemia del triennio 1822-24.  Due anni dopo questi 
                        avvenimenti, cioè nel 1822, successe un'epidemia 
                        di febbri tifoidee, che allora erano chiamate febbri putride 
                        infettive. Essa fu prodotta dalla miseria e dalle pessime 
                        condizioni igieniche del paese, e durò pel lungo 
                        spazio di un triennio, cioè dal 1822 al 1824, producendo 
                        ogni anno una mortalità superiore ai 300 morti. 
                        Infatti nel 1822 essi furono n. 310, nel 1823 n. 313 e 
                        nel 1824 n. 311.
  
                        Top     5. 
                          Terremoto del 1823  Durante quella lunga 
                        e grave epidemia Ciminna fu colpita da un'altra sventura, 
                        che fu comune a tutta la Sicilia. Il 5 marzo del 1823, 
                        verso le ore 5,30 dopo mezzogiorno, s'intese una forte 
                        scossa di terremoto. Cadde la statua di S. Maria Maddalena, 
                        ch'era nel prospetto della Matrice, crollò parte 
                        del campanile di S. Francesco, che era a forma di piramide, 
                        e rovinò gran parte della torre dell'orologio nella 
                        piazza,, che esisteva da più secoli e fu poi riparata 
                        nel 1844. Essa uccise un certo Vito Speziale e ferì 
                        gravemente un altro individuo, che trovavasi a passare 
                        sotto di essa.3.La memoria di quel terremoto esiste ancora nel popolo, 
                        e ogni anno a 5 marzo se ne ricorda l'avvenimento con 
                        suono di tutte le campane e col canto del Te Deum nella 
                        madre chiesa, alle ore 17,1/2.
  
                        3. 
                        AGOSTINO GALLO, Dei terremoti avvenuti in Sicilia in febbraio 
                        e marzo 1823, Palermo 1823, pp. 5 e 6; ABATE FRANCESCO 
                        FERRARA, Memoria sopra i tremoti della Sicilia in marzo 
                        1823, Palermo 1823, p. 5.
                        
                         
                          Top   
                            6. Colera del 1837, 1855 
                            e 1867 Nel 1837 il colera 
                          asiatico invase la Sicilia, facendo ovunque grandi stragi. 
                          I primi casi avvennero in Palermo il 7 giugno e produssero 
                          il terrore nella città e nei paesi convicini. 
                          Perciò il giorno 25 del detto mese il Decurionato 
                          di Ciminna deliberò la costruzione di dieci casette 
                          d legname, per l'esecuzione del cordone sanitario in 
                          tutto il perimetro del Comune, ed elesse due decurioni 
                          per coadiuvare il Sindaco D. Rosolino Giannò 
                          nella sola firma e visto di passanti. Ma l'asiatico 
                          morbo ruppe questa debole barriera e, verso la metà 
                          del nese di luglio, entrò in Ciminna, restandovi 
                          circa due mesi e mezzo e facendo continue stragi. Ma 
                          il periodo più acuto fu nella prima quindicina 
                          di agosto, e il giorno più terribile fu il 4, 
                          in cui si ebbero a deplorare 17 vittime. 
                          Il numero dei morti in tutta l'epidemia non si può 
                          dire con precisione, perché nei registri dello 
                          stato civile sono compresi anche gl'individui morti 
                          per altre malattie; ma possiamo dire il numero di tutti 
                          i decessi avvenuti nel detto periodo, che fu 262, e 
                          di quelli avvenuti in tutto Panno, che fu 438. I cadaveri 
                          furono sepolti nelle chiese dei Cappuccini, S. Francesco 
                          di Paola, S. Sebastiano, S. Vito, S. Antonio e pochi 
                          nelle sepolture gentilizie di altre chiese. 
                          La mortalità fu circa del 4 per 100 di tutta 
                          la popolazione, mentre in altri Comuni fu superiore 
                          al 5 per 100 e in qualcuno giunse al 14 per 100. Alla 
                          fine di settembre Ciminna era interamente libera, come 
                          appare da una lettera in data del 2 ottobre del Luogotenente 
                          Generale al Ministro Segretario di Stato per gli affari 
                          di Sicilia in Napoli. In tutto il periodo di quella 
                          epidemia, sebbene il popolo credesse al pregiudizio 
                          del colera gettato, pure non avvenne alcuna sommossa 
                          popolare. 
                          Nel 1854 la terribile malattia tornò ad affliggere 
                          la Sicilia, e pel timore d'una nuova epidemia, Ciminna 
                          adottò un rigoroso cordone sanitario e ricorse 
                          anche alle preghiere. Nei giorni 13, 14 e 15 ottobre 
                          del detto anno si fece nella chiesa di S. Giovanni un 
                          triduo solenne, che fu chiuso colla processione delle 
                          sacre immagini del SS. Crocifisso, della Immacolata 
                          Concezione e di S. Vito. 
                          In quell'anno vi furono tre soli casi di colera, seguiti 
                          da morte, in persone provenienti da altri Comuni; ma 
                          nel 1855 vi fu un'epidemia, che cominciò il 17 
                          novembre e finì il 31 dicembre. I morti furono 
                          68, cioè 38 maschi e 30 femmine, con una mortalità 
                          di 1, 4 per cento.4 
                          Nel 1867 avvenne in Ciminna l'ultima epidemia di colera, 
                          che produsse una rilevante mortalità. Cominciò 
                          il 14 luglio e cessò il 14 settembre; il numero 
                          degl'individui attaccati di colera fu 247 e il numero 
                          dei morti fu 151, con una mortalità del 21/2 
                          circa per cento di tutta la popolazione. I giorni più 
                          funesti furono 26 luglio, 4 e 10 agosto, con 7 morti 
                          al giorno, e 27 e 5 agosto con 6 morti al giorno.
                          
                          4. 
                          «Giornale di Statistica» compilato dalla 
                          Dirczione centrale della statistica di Sicilia, II serie, 
                          fase. 4, Palermo 1859. Top    7. 
                            Moti politici dal 1848 al 1860 In mezzo a tante 
                          sventure il popolo non perde mai i sentimenti di libertà 
                          e d'indipendenza, che diedero origine agli avvenimenti 
                          più importanti del secolo, cioè alle vicende 
                          politiche del '48, del '56 e del '60, che ebbero la 
                          loro eco anche in Ciminna.La memoranda rivoluzione del 1848 rammenta in questo 
                          paese un triste fatto di sangue, dovuto a un tumulto 
                          popolare. Il giorno 6 febbraio il popolo si radunò 
                          alla madre chiesa per cantare un solenne Te Deum in 
                          ringraziamento della libertà acquistata dalla 
                          Sicilia. Finita la sacra funzione, il popolo uscì 
                          tumultuando colla bandiera tricolare, andò in 
                          casa dell'esattore comunale D. Giuseppe Diblasi e bruciò 
                          tutte le carte di quell'ufficio. Poi, ancora tumultuando, 
                          passò nell'abitazione del cassiere comunale D. 
                          Rosario Bondì, di anni 36, e quivi si ebbe a 
                          deplorare un grave fatto di sangue.
 Egli, prevedendo facilmente un assalto del popolo, pensò 
                          di prepararsi alla difesa facendo chiudere nella sua 
                          casa alcuni individui armati per resistere a qualunque 
                          violenza popolare. Quando la folla tumultuante fu sotto 
                          la sua casa, era già notte. Allora uno dei sudetti 
                          individui, si affacciò cautamente da una finestra 
                          e sparò sulla massa, forse per intimorirla.
 Ma quel colpo di fucile fu il segnale della lotta, perché 
                          il popolo, inferocito da quell'atto, che per poco non 
                          fece delle vittime, si scagliò contro quella 
                          casa, in pochi momenti ne abbattè la porta, entrò 
                          con violenza nelle stanze cercando coloro che vi erano 
                          dentro, per farne aspra vendetta. Nel tumulto le persone 
                          estranee ebbero la fortuna di fuggire, e il povero Bondì, 
                          trovato sotto un mucchio di concime, dove si era in 
                          fretta nascosto, fu ucciso dalla folla, a 4 ore di notte, 
                          e la di lui moglie fu ferita alla coscia sinistra con 
                          un'arma da fuoco. Poi il popolo bruciò tutte 
                          le carte trovate in quella casa, e quelle esistenti 
                          presso il cancelliere comunale, che forse per malattia 
                          lavorava in casa,5 
                          e infine si sciolse, perché era alta notte.
 Come in tutti i Comuni della Sicilia si formò 
                          in Ciminna un comitato rivoluzionario, che si mise in 
                          comunicazione con quello centrale di Palermo, assunse 
                          l'amministrazione comunale e politica e faceva anche 
                          pagare le tasse, eccetto quella del dazio sul macinato, 
                          che fu abolita. Questo comitato in principio fu presieduto 
                          dall'arciprete D. Salvatore Cascino e, dopo poco tempo, 
                          dal Sig. D. Francesco Landolina; teneva le sue riunioni 
                          pubbliche nell'Oratorio della Concezione, ora ridotto 
                          ad uso di teatro.
 Pel mantenimento dell'ordine fu istituita una guardia 
                          nazionale, comandata dal Sig. D. Ignazio Cocchiara, 
                          che nel settembre di quello stesso anno con una numerosa 
                          squadrad'operai, accompagnata dalla banda musicale, 
                          si recò in Palermo per aiutare i lavori delle 
                          barricate.
 Ciminna era allora sede di Circondario e perciò 
                          mandò al Parlamento siciliano il suo rappresentante 
                          nella persona dell'Avv. Giuseppe La Porta, che nella 
                          memorabile seduta del 13 aprile 1848 votò decadenza 
                          dei Borboni. Fatta la proclamazione del nuovo Re di 
                          Sicilia in persona del Duca di Genova Alberto Amedeo, 
                          secondogenito del Re di Sardegna, in Ciminna si fecero 
                          manifestazioni di giubilo con illuminazioni, sparo di 
                          mortaretti e suono di campane.
 Ma, avvenuta la restaurazione borbonica, il Decuriona-to, 
                          riunito il primo giugno 1849, fece gli atti più 
                          energici d'ubbidienza e di subordinazione al Re e ai 
                          suoi rappresentanti.Gl'individui, che presero parte 
                          ai moti politici del 1848, furono: Cimati Salvatore 
                          fu Domenico, Ferrara Vito fu Santi, La Spisa Salv. d'ignoti, 
                          Ferrara Giuseppe fu Santi, Albanese Gioacchino fu Filippo, 
                          Di Nicola Francesco fu Francesco, Caltabellotta Giuseppe 
                          fu Calogero, Tantillo Michele fu Giuseppe, Albanese 
                          Filippo fu Raffaele, Caltabellotta Vito fu Calogero.6
 Nel 1856 Ciminna fu visitata dalla banda di Francesco 
                          Bentivegna, che finì infelicemente per la causa 
                          della libertà. La rivolta cominciò il 
                          22 novembre, percorrendo a mano armata i Comuni di Campofelice 
                          di Fitalia, Villafrati e Mez-zoiuso, ove la dimane, 
                          giorno di domenica, Davide Figlia, uno dei principali 
                          compagni di Bentivegna, esortò alla sommossa 
                          il popolo raccolto nella piazza, riunì circa 
                          100 persone, in gran parte armate, alle quali promise 
                          la paga di tari 4 al giorno (L. 1,70) per ognuna. Indovinando 
                          la mossa dei compagni lasciati la sera innanzi, Davide 
                          Figlia si diresse per Ciminna, sorta già in armi 
                          per opera di Luigi La Porta, ove si riunì a quelli 
                          provenienti da Ventimiglia, circa due ore prima di far 
                          sera. Qui lasciò la parola al Sig. D. Spiri-dione 
                          Franco, che faceva parte di quella banda e ne scrisse 
                          la storia in un libro pubblicato in Roma nel 1899: « 
                          Giunti alla vista di Ciminna i nostri cuori si sollevarono 
                          un poco nel vedere sventolare la bandiera della libertà, 
                          che portava Davide Figlia spiegata nelle terre comunali 
                          dell'Apurchiarola, e l'ottima banda cittadina che sonava 
                          l'inno nazionale del 1848. Luigi La Porta7 
                          con buon numero di paesani che ci attendeva; Davide 
                          Figlia avava schierato in parata i suoi uomini, e così 
                          colla musica alla testa siamo entrati in Ciminna ricevendo 
                          affettuose accoglienze, abbiamo posto il nostro quartiere 
                          generale nel casino dei civili posto nella piazza».8 
                          In Ciminna si sparò in piazza e poi nell'Apurchiarola 
                          ai ritratti dei Sovrani.
 La notte seguente all'arrivo si raccolsero fucili, e 
                          Davide Figlia, per pagare gli uomini, giusta la promessa 
                          fatta, si fece consegnare dall'esattore Cascio Grutta 
                          il denaro del Ricevitore del registro, del lotto e del 
                          macinato mediante ricevute firmate da lui come segretario 
                          e da Bentivegna come presidente del comitato rivoluzionario. 
                          Fu anche incendiata tutta la scrittura attiva esistente 
                          presso il detto esattore.9Il 
                          numero dei rivoltosi in quel momento ascendeva a 464 
                          efurono tutti pagati. Nello stesso tempo giunse da Villafrati 
                          un messo per nome Domenico Mucciglia, dicendo che ivi 
                          era giunto il procaccio con onze 64 e che la dimane 
                          doveva partire per Palermo, perciò invitava la 
                          banda di mandare la stessa notte a prendere quel denaro. 
                          E ciò fu eseguito da una squadriglia di sei uomini 
                          armati.
 In Ciminna Bentivegna formò il disegno di sollevare 
                          Lercara, Prizzi, Corleone e Marineo, e di piombare improvvisamente 
                          su Palermo; ma le sue sorti in quel momento erano già 
                          decise. Un vetturino delle R. Poste, che stava nel rilievo 
                          del fondaco di Manganare, cavalcando un bellissimo cavallo 
                          merlino, venne in Ciminna e offrì a Bentivegna 
                          i cavalli del suo rilievo per uso della banda. Quegli 
                          rifiutò, ma il vetturino corse a Palermo per 
                          riferire tutto a Maniscalco, ricevendo il meschino premio 
                          di cinque scudi.
 Saldo in tal concetto il Bentivegna la mattina del 24 
                          partì da Ciminna con tutta la sua banda, e verso 
                          le ore 9 a m. giunse al Fondaco della Pianotta. Ivi 
                          da un uomo reduce da Palermo apprese la notizia che 
                          grosse squadre di fanti, di artiglieria e cavalleria 
                          erano dirette su Villafrati, e a tale notizia sciolse 
                          la banda sul far della sera.
 Infatti il 23 novembre '56 a vespro il Maniscalco annunzio 
                          al principe di Castelcicala la rivolta di Mezzoiuso, 
                          e questi spedì subito un grosso distaccamento 
                          militare, formato dal 7° Cacciatore e comandato 
                          dal Tenente Colonnello Giuseppe Ghio, che giunse in 
                          Villafrati il 24 alle ore 10 e mozza a.m., indi marciò 
                          sopra Mezzoiuso e di là venne in Ciminna.
 Da per tutto « si mettevano sossopra le case, 
                          si catturavano le madri e le sorelle dei fuggiaschi, 
                          s'intimidivano i buoni, si corrompevano i tristi, s'invilivano 
                          i perplessi, spargevasi ovunque lo spavento e il terrore 
                          ».10
 La compilazione del processo fu affidata al giudice 
                          istrut-tore Giovanni Barcia, che si recò prima 
                          in Mezzoiuso, poi a Villafrati e quindi venne a Ciminna. 
                          Esso fece ivi arrestare molti individui, perché 
                          imputati dei reati di comitiva armata con animo di commettere 
                          misfatti e delitto a danno delle proprietà e 
                          dello Stato, e furono: 1. Vito Campanella, 2. Nicolo 
                          Ferrara, 3. Filippo Meli, 4. Giuseppe Meli, 5. Crocifissa 
                          Meli, 6. Salvatore La Porta, 7. Maria La Priola, 8. 
                          Domenico Sganga, 9. Giuseppe La Spisa, 10. Salvatore 
                          Meli, 11. Salvatore Cimati, 12. Giuseppe Ferrara, 13. 
                          D. Vito Cacti, 14. Francesco Cacti, 15. Rosario Di Bella, 
                          16. Antonino Catalano, 17. Antonino Guagliardo, 18. 
                          Giuseppe Barone, 19. Gabriele Scimeca, 20. Vito Monastero, 
                          21. Leonardo Rizzo, 22. Salvatore Bonanno, 23. Salvatore 
                          Messina, 24. Antonino Ansalone, 25. Leone Cassata, 26. 
                          Pietro Bar-tolomeo, 27. Giuseppe Caleca, 28. Benedetto 
                          Pagano, 29. Vincenzo Guagenti, 30. Luigi La Porta, 31. 
                          Onofrio Gian-cola, 32. Andrea La Paglia, 33. Luigi Paraci, 
                          34. Calogero Gattuso, 35. Matteo Scimeca.11
 Di essi i primi sette furono messi in libertà 
                          dalla Commissione militare di Palermo, altri condannati 
                          a pene diverse e gli ultimi sei condannati alla pena 
                          di morte, commutata poi a 18 anni di ferri, eccetto 
                          per Luigi La Porta, che rimase latitante fino al 1860.
 Nel periodo preparatorio che passò da questi 
                          avvenimenti al 1860, Ciminna tenne sempre alto il sentimento 
                          rivoluzionario per opera principale di Luigi La Porta 
                          che, sebbene nato in Palermo nel 1831, può considerarsi 
                          un Ciminnese, poiché la sua famiglia era di Ciminna 
                          e quivi egli stesso passò molti anni della sua 
                          gioventù. Altri scriveranno più degnamente 
                          di questa grande figura di patriotta, né io potrei 
                          qui farlo; ma parlando di Ciminna nel 1860 dirò 
                          solamente quello che egli fece in questo Comune. Luigi 
                          La Porta era in Ciminna l'anima di quel movimento rivoluzionario, 
                          che, soffocato ma non ispento colla restaurazione borbonica 
                          del 1849, doveva finalmente trionfare con l'aiuto e 
                          la direzione del Duce dei Mille nell'anno memorando 
                          1860. Per la sua opera attiva e indefessa quel movimento 
                          si estese anche ai Comuni suffraganei del Mandamento, 
                          allora detto Circondario, cioè Ventimiglia e 
                          Baucina. Liberato dal carcere nell'agosto del 1856 ritornò 
                          in Ciminna presso la sua famiglia, continuando le relazioni 
                          con gli uomini più autorevoli ed eminenti della 
                          rivoluzione. Stanco, ma non domato dalla lunga prigionia 
                          sofferta, preparava ed incoraggiava gli animi, già 
                          assai proclivi, alla prossima riscossa, e durante il 
                          tempo in cui rimase latitante in Ciminna e Ventimiglia, 
                          tenne sempre vivo il sentimento rivoluzionario.
 Con tale preparazione d'animi è facile comprendere 
                          come Ciminna nel 1860 sia stato uno dei primi paesi 
                          a muoversi. Prima che in Palermo sonasse la famosa campana 
                          della Gancia, qui alcuni giovani ardimentosi, fra' quali 
                          il Sig. Diblasi Giuseppe tuttora vivente, nell'oscurità 
                          di una notte attaccarono ad una croce di legno, posta 
                          sul poggetto di S. Agata, una bandiera tricolore, che 
                          la mattina seguente fu vista sventolare con gioia di 
                          tutti gli abitanti.
 Il 5 aprile evasero dal carcere di Ventimiglia Santo 
                          Meli e maestro Filippo Chiavetta, che, facendo ritorno 
                          alle loro case in Ciminna, la sera dello stesso giorno 
                          furono arrestati fuori l'abitato dalle guardie urbane 
                          e dal loro capo D. Pietro Alomia, che eccitava tutti 
                          al mantenimento dell'ordine pubblico. La dimane esso 
                          spedì un suo rapporto e un altro del Giudice 
                          al Sottintendente di Termini per mezzo di un pedone, 
                          il quale fece ritorno lo stesso giorno, restituendo 
                          i sudetti rapporti e riferendo che l'ordine era rotto 
                          e sventolava la bandiera tricolore.
 Il giorno 7 aprile Luigi La Porta, che era uscito dal 
                          suo nascondiglio ed aveva raccolto in Ventimiglia una 
                          squadra di armati, si recò in Ciminna colla bandiera 
                          tricolore spiegata., dove, accolto dal popolo, percorse 
                          le vie principali inneggiando alla libertà con 
                          pubblici discorsi, e distrusse i ritratti dei sovrani 
                          nel Circolo dei civili. Intanto prima che finisse quel 
                          giorno giunse in Ciminna un distaccamento militare, 
                          che al suo appressarsi costrinse il La Porta a partire 
                          e rimise in qualche modo l'antico ordine di cose. Quindi 
                          esso, ingrossata la sua squadra con molti individui 
                          di Ciminna si recò in Baucina, Villafrati, Ogliastro 
                          e Misilmeri. Ivi il La Porta convocò gli uomini 
                          di pensiero e di azione e venne proclamato Presidente 
                          del Comitato Generale d'insurrezione, rialzò 
                          gli animi e dichiarò centro di Governo Misilmeri 
                          e Quartier Generale Gibilrossa.12
 Di là colla sua squadra e con altre sopraggiunte 
                          sostenne diversi attacchi colle truppe borboniche, finché 
                          quelle, sopraffatte dal numero, ripararono sui monti, 
                          e ingrossate sempre da altre squadre percorsero poi 
                          i Comuni di Contessa, Piana dei Greci, S. Giuseppe, 
                          Partinico e Montelepre, ove gli armati sommavano a 1200. 
                          Ma poco dopo, per false notizie sparse in mezzo alle 
                          squadre, queste disertarono restando appena 400 armati, 
                          fra' quali tutti gli uomini di La Porta. Essi la sera 
                          del 17 aprile marciarono verso Carini, ove il giorno 
                          18, circondati da tre colonne di regi, comandate dal 
                          generale Cataldo e dai colonnelli Torrebruna e Per-rone, 
                          combatterono valorosamente contro di esse per ben sei 
                          ore, finché sopraffatti dal numero si riunirono 
                          e, rompendo il cordone, ripararono sui monti. La Porta 
                          si nascose in Corleone e le squadre ritornarono ai loro 
                          focolari. La rivoluzione parve sedata e la reazione 
                          sembrò che avesse trionfato ancora una volta.
 Fra gli uomini che seguirono il La Porta fino a Carini 
                          e si distinsero maggiormente per valore vi fu un certo 
                          Santo Meli, con due suoi fratelli. Esso giovane di venticinque 
                          anni, piccolo di statura, ma grande di coraggio e d'ardimento, 
                          appartenne ad una famiglia patriottica. Il di lui padre 
                          Domenico, i fratelli Nicolo e Vito e gli zii Ferrara 
                          Vito e Giuseppe fu Santi presero parte ai moti del 1848, 
                          i fratelli Filippo e Giuseppe e lo zio Ferrara Nicolo 
                          furono arrestati per motivi politici nel 1856. Alcuni 
                          di essi, cioè Meli Vito e Ferrara Giuseppe ottennero 
                          la pensione. Ritornato da Carini Santo Meli se ne stette 
                          nelle campagne vicine a Ciminna, organizzando, con intendimenti 
                          forse patriottici, una squadra, di cui si fece capo. 
                          Ma la sera del 28 aprile verso un'ora di notte la detta 
                          squadra entrò nel paese, commettendo parecchi 
                          delitti in una sola notte. Primieramente assalì 
                          la casa del capo urbano. D. Pietro Alomia, messo già 
                          in salvo con tutta la famiglia, e dopo averla saccheggiata, 
                          l'incendiò. Poi essa, vedendosi accresciuta di 
                          numero, appiccò il fuoco al Giudicato, distruggendo 
                          tutte le carte ivi esistenti; e ciò fatto, si 
                          diresse alla casa del sottocapo degli urbani D. Salvatore 
                          Saso, ch'era a poca distanza. Ivi giunta chiese che 
                          le fosse consegnata la guardia urbana Antonino Gulotta, 
                          che aveva minacciato d'arresto parecchi individui ed 
                          era ivi nascosto. Ma appena esso comparve sulla porta 
                          per uscire, fu fatto segno a vari colpi di fucile, che 
                          lo resero all'istante cadavere. Ciò fatto, pertossi 
                          verso tre ore di notte alla casa di un certo Calogero 
                          Caltabellotta, e chiamatolo fuori l'uccise insieme col 
                          cugino di costui Antonino Caltabellotta, che disgraziatamente 
                          trovavasi in quella casa. Quindi si diede al saccheggio 
                          di essa, e già si preparava a fare altre cose, 
                          quando sopravvenne la luce del giorno.13
 Dopo questi fatti la detta squadra (circa 200 individui) 
                          si diede a percorrere i Comuni di Regalgiofalo, Roccapalumba, 
                          Baucina, Ventimiglia, Santa Cristina, Corleone, Campofiorito, 
                          Bisacquino, Contessa, Giuliana e Santa Margherita, eccitandoli 
                          alla rivolta e commettendo qualche delitto.
 Perciò la detta squadra fu severamente giudicata 
                          dall'opinione pubblica, ma non si debbono tacere i servizi 
                          da essa resi alla causa della libertà. Infatti 
                          essa nel Distretto di Corleone tenne vivo il sentimento 
                          rivoluzionario, che in quel periodo era stato soffocato 
                          dalla reazione.
 Ciò nonostante il Meli, come capo della detta 
                          squadra fu giudicato da un Consiglio straordinario di 
                          Guerra e con sentenza del 29 settembre 1860 fu condannato 
                          alla fucilazione, eseguita il primo ottobre alle ore 
                          5 e mezza a. m.
 Egli col suo ardimento avrebbe potuto rendere maggiori 
                          servizi alla causa della libertà e fare onore 
                          al paese, che gli diede i natali, se avesse sempre seguito 
                          gli esempi dei suoi parenti.
 Ora torno a raccontare i fatti, che in quel tempo si 
                          svolsero in Ciminna. La dimane del 28 aprile venne da 
                          Termini un grosso distaccamento di soldati col capitano 
                          Giuseppe Salemi e compagni d'armi, avvisati dalla guardia 
                          urbana Domenico Arena, ch'era partito da Ciminna la 
                          stessa notte degli avvenimenti. Fu ordinato il disarmo 
                          generale e nella pubblica piazza furono distrutti tutti 
                          i fucili consegnati, ma due giorni dopo i soldati lasciarono 
                          il paese e questo rimase nella più completa anarchia. 
                          Le persone ricche fuggirono in altri paesi per salvare 
                          almeno la loro vita, e da allora in poi gli omicidi 
                          e i furti furono frequenti.
 In mezzo a tanti disordini non mancarono in Ciminna 
                          quelli, che tennero sempre alti i sentimenti del dovere 
                          e della libertà. La rivoluzione, che il domani 
                          del 4 aprile Maniscalco aveva detto di avere afferrato 
                          pei capelli, era divampata di nuovo. I Mille erano sbarcati 
                          a Marsala e coll'aiuto delle squadre siciliane del Coppola 
                          e dei fratelli S. Anna avevano vinto a Calatafimi. E 
                          mentre il La Masa, mandato da Garibaldi per ogni dove 
                          a suscitarvi e organizzarvi la rivoluzione, raccoglieva 
                          uomini e armi a Mezzoiuso, Villafrati, Bolognetta e 
                          Misilmeri, Luigi La Porta riorganizzava in Ciminna la 
                          sua squadra e la mattina del 17 maggio partì 
                          alla volta di Caccamo con la bandiera tricolore spiegata 
                          e la musica cittadina. Ivi in principio fu accolto festosamente, 
                          ma poi quegli abitanti, temendo qualche rappresaglia, 
                          condussero la squadra dentro una chiesa col pretesto 
                          di alloggiarla. Quindi la tennero a bada, e nel frattempo 
                          richiamarono da Termini la guardia nazionale caccamese, 
                          che vi si era recata per aiutare quei cittadini ad impadronirsi 
                          del castello. Allora il La Porta fu costretto licenziare 
                          gl'individui inermi e partì con quelli armati 
                          ed altri di Caccamo. Passò per Termini, Trabia 
                          ed Alta villa, dove si unì ai signori Barranti, 
                          Quattrocchi, Loreto Grimi, D'Anna e Sunseri, provenienti 
                          da Termini, e con essi si diresse al campo di Gibilrossa.14 
                          Di là il 27 maggio prese parte all'entrata di 
                          Palermo, dove il La Porta si distinse nell'assalto di 
                          Porta Maqueda.15 
                          La città di Palermo, riconoscente al valore di 
                          Luigi La Porta e della sua squadra, battezzò 
                          col suo nome una nuova piazza e nel primo cinquantenario 
                          del 27 maggio 1860 pose a Porta Maqueda la seguente 
                          iscrizione:
 Ai XXVIII maggio del MDCCCLX
 Qui vittoriosamente pugnando
 Contro le borboniche schiere irrompenti
 Gl'insorti
 E i volontari dell'VIII compagnia
 Duce Luigi La Porta
 Affidavano alla storia
 II nome della Porta Maqueda
 Ora distrutta.
 Ma la prova più 
                          importante della parte presa da Ciminna nei moti politici 
                          del 1860 fu data dallo stesso Luigi La Porta in una 
                          lettera, da lui diretta al Sindaco di Ciminna il 2 luglio 
                          1876 e conservata nell'archivio comunale. Egli, rassicurando 
                          la cittadinanza sul disegno di legge per le circoscrizioni 
                          giudiziarie, così conchiuse la detta lettera: 
                          « Non sarà mai sotto un Ministero liberale, 
                          che si renderanno possibili atti d'ingiustizia come 
                          quello temuto da cotesti comunisti, che hanno largamente 
                          contribuito per la causa dell'unità e della libertà 
                          nazionale ».A misura che il Duce dei Mille colle sue vittorie rassodava 
                          il nuovo Governo, si andava ristabilendo da per tutto 
                          l'ordine pubblico. A Ciminna negli ultimi di maggio 
                          fu costituito un comitato, di cui assunse la presidenza 
                          un frate, P. Placido cappuccino, e l'ordine pubblico 
                          fu affidato ad otto individui, che furono chiamati prezzolati 
                          o pensionati, perché ricevevano dal comitato 
                          l'assegno giornaliero di tari sei per ciascuno, e commettevano 
                          pure furti e violenze. Ma nei primi di luglio P. Placido 
                          lasciò la presidenza e se ne andò a Palermo, 
                          ove morì pochi anni dopo, e fu sostituito da 
                          D. Francesco Landolina, coadiuvato efficacemente, come 
                          al 1848, da D. Salvatore Saso nel mantenimento dell'ordine 
                          pubblico, che allora cominciò ad esservi in qualche 
                          modo. La prima deliberazione, presa il 4 luglio dal 
                          detto comitato sotto il nuovo Presidente, fu un indirizzo 
                          di riconoscenza al dittatore Garibaldi per avere sottratto 
                          la nazione dalla schiavitù borbonica. Il 17 luglio 
                          nominò il comandante della guardia nazionale 
                          nella persona del Signor D. Salvatore Cocchiara con 
                          quattro capitani: maestro Vito Bonanno fu Francesco 
                          Paolo, Vito Piscitello fu Filippo, D. Vito Cascio Grut-ta 
                          e Antonino Catalano.
 Ma con questi ed altri provvedimenti, emessi dal detto 
                          comitato, la sicurezza pubblica lasciava ancora molto 
                          a desiderare, e nello stato normale rientrò nel 
                          1861, quando il nuovo Governo fu interamente rassodato. 
                          Fra tutti gli atti del comitato rivoluzionario, che 
                          rappresentava allora il Consiglio civico, il più 
                          importante fu quello preso il 9 settembre del memorando 
                          anno 1860 in questi termini: « II Consiglio, riflettendo 
                          il vantaggio che ne verrebbe alla Sicilia per l'annessione 
                          al regno d'Italia, delibera unanime rassegnarsi al dittatore 
                          Garibaldi il voto di tutta questa popolazione per la 
                          detta annessione». A 22 novembre 1860 il Consiglio 
                          civico deliberò che i signori Andrea e Vincenzo 
                          La Porta, Salvatore Cascio, Vito Cascio Faso, Giuseppe 
                          Somma Pareti e Francesco Piraino, nella qualità 
                          di deputati di Ciminna, si portassero personalmente 
                          ai piedi di Vittorio Emanuele, quando questi sarebbe 
                          andato a Palermo, per dimostrare l'attaccamento e l'ubbidienza 
                          di questa popolazione.
  
                           5. Registro delle deliberazioni 
                            decurionali, 15 maggio 1857.
 6. Nello stesso anno 
                            1849 due contadini da Carini, Giuseppe Cataldo di 
                            anni 45 e il di lui fratello Gaetano, di anni 36, 
                            furono per asportazione d'armi condannati alla pena 
                            & morte colla fucilazione, eseguita in Ciminna 
                            il 19 settembre dinanzi a molto popolo. La loro sorte 
                            fu compianta da tutti e la memoria di essi vive ancora 
                            nel paese, perché mentre erano condotti al 
                            luogo del supplizio chiedevano a tutti perdono dello 
                            scandalo arrecato colle loro colpe e si pentivano 
                            pubblicamente di quello che avevano fatto. I loro 
                            corpi furono sepolti nella chiesa di S. Francesco 
                            di Paola.
 7. 
                            La mattina del 17 novembre il barone Francesco Bentivegna, 
                            trovandosi con altri nel bosco Lacca vicino Mezzoiuso 
                            a preparare la rivolta, per mezzo di Antonino Cugino, 
                            mandò a chiamare in Ciminna Luigi La Porta, 
                            il quale vi andò lo stesso giorno, promise 
                            al suo ritorno di reclutare le persone per la prossima 
                            rivolta e fece ritorno collo stesso Gugino. Infatti 
                            la mattina del 22 raggiungevano ivi il Bentivegna 
                            sei persone armate spedite da Luigi La Porta e comandate 
                            da maestro Calogero Gattuso.
 8. Questo casino, ch'è 
                            il più antico di tutti perché fondato 
                            verso il 1800 dal Dr. D. Andrea Anzaldi, rimase chiuso 
                            alcuni mesi per ordine di Maniscalco e fu riaperto 
                            per l'amichevole intervento del Giudice del Circondario 
                            Avv. Vincenzo Lalia.
 9. Registro delle deliberazioni 
                            decurionali, 4 aprile 1857.
 10. ALFONSO SANSONE, 
                            Cospirazioni e rivolte di Francesco Bentivegna, Palermo 
                            1891, p. 112.
 11. 
                            Archivio di Stato di Palermo
 12. 
                            GIACOMO ODDO, I Mille di Marsala, Milano 1863
 .13. Di 
                            questi fatti esiste, in data 5-18 maggio 1860 un rapporto 
                            del Comandante la Colonna mobile dei Pionieri nel 
                            Grande Archivio di Palermo, Ministero Luogotenenziale, 
                            Polizia, filza 1671. Essi sono anche acennati in un 
                            decreto del principe di Castelcicala, in data 3 maggio 
                            1860, col quale chiama in vigore l'ordinanza del 16 
                            giugno 1849 in fatto di asportazione e di deten-zione 
                            d'armi senza speciale permesso dell'Autorità.
 Tribuna marmorea eseguita nel 1522 ed attribuita ad 
                            Antonello Gagini (Chiesa di S. Domenico).
 14. 
                            ARRIGO LIBORIO, Storia della Rivoluzione dell'anno 
                            1860 in Termini, Termini Imerese 1886, p. 97.
 15. Fra i Ciminnesi, 
                            che presero parte all'entrata di Palermo, morì 
                            colpito da una palla nemica un certo Santo d'ignoti, 
                            e fra quelli che parteciparono a tutta la campagna 
                            fino alla resa di Gaeta vi fu il Sig. Traina Michelangelo, 
                            allora giovane di diciassette anni.
 Top    8. 
                            Conduttura dell'acqua S. Pantaleo dentro 
                            l'abitato Dopo alcuni anni di 
                          libertà e di vita costituzionale Ciminna sentì 
                          il bisogno di un miglioramento materiale, e il detto 
                          bisogno, alimentato dai progressisti, divenne un delirio: 
                          acqua potabile e strada a ruota furono il grido di tutti 
                          i Ciminnesi. Allora il Sindaco con lettera del 24 ottobre 
                          1867 si rivolse ad un suo conoscente Ing. Agostino La 
                          Masa da Termini, per avere un progetto d'arte relativo 
                          alla raccolta e conduttura delle acque Marrana. Questi 
                          esaminò le dette acque e, trovatele veramente 
                          potabili, rispose con lettera dell'8 dicembre 1867 dando 
                          il progetto, il quale poi fu dato definitivamente in 
                          appalto al Sig. Francesco Gallegra da Termini pel prezzo 
                          di L. 30825, approvato dal Sotto Prefetto il 10 sett. 
                          1868. Questa somma poi fu aumentata un poco, perché 
                          la lunghezza della conduttura in ghisa, che nel progetto 
                          La Masa era di m. 1850, nel collaudo fu trovata 57 metri 
                          in più. Le opere furono compite e inaugurate 
                          il 14 marzo 1869, che segnò un'era di progresso 
                          e di civiltà e fu di vera gioia pel popolo di 
                          Ciminna. Descrivo il tripudio e le feste celebrate in 
                          quel giorno memorando, come si leggono in un opuscolo 
                          stampato in Termini nello stesso anno e dedicato al 
                          Deputato Luigi La Porta.« Albeggiava appena il crepuscolo del giorno 14, 
                          che veniva salutato dallo sparo dei mortaretti e dal 
                          fragoroso scampanio dei sacri bronzi. Le vie principali 
                          comparivano imbandierate, e la banda cittadina, coi 
                          suoi armonici concerti, percorrendo le strade tutte 
                          del paese rendeva allegro quel giorno.
 Alle ore 3 e mezza della sera, riunita la Giunta insieme 
                          ai membri del Consiglio, preceduta dalla propria bandiera, 
                          e dalla banda recavasi in corpo alla Madre Chiesa, ove 
                          tro-vavasi in ordine, il clero, e portavasi quindi con 
                          esso in processione alla piazzetta S. Andrea, ch'era 
                          il punto destinato all'inaugurazione dell'acqua. Stavasi 
                          là accalcato immenso popolo, giovani e vecchi, 
                          ricchi e plebei, uomini e donne.
 Riccamente pavesata si mostrava la cappellaccia, sorgente 
                          in mezzo al piano. Colà il Sindaco Dr. Giuseppe 
                          Sganga, salito su di uno sgabello, appositamente eretto, 
                          dirigeva al popolo, che l'interrompeva con fragorosi 
                          applausi, calde e sentite parole. Seguì poscia 
                          un gettar di fiori e di ghirlande al Sindaco, accompagnati 
                          da entusiastiche evviva. Da una eletta schiera di giovani 
                          partivasi un nembo di biglietti contenenti lodi al Sindaco. 
                          Seguiva tosto il sorteggio di dieci vesti, fatte a spese 
                          del Sindaco, a vantaggio delle povere orfanelle. Era 
                          commovente mirare le stesse, colmando di benedizione 
                          il donante, correre esultanti a riceversi il dono. Al 
                          segnale convenuto arrivava l'acqua alla fonte. Il popolo 
                          allora assordava l'aria di festose grida. Si ripeteva 
                          lo sparo dei mortaretti, il suono delle campane, e in 
                          questo mentre dall'anziano del clero, Can. Grazio Riina, 
                          si passava alla benedizione dell'acqua. Intonavasi quindi 
                          l'inno Ambrosiano, accompagnato dall'orchestra. La folla 
                          intanto correva urtandosi a bere nella fonte le limpide 
                          acque. Finita la cerimonia, il Sindaco, seguito da immenso 
                          popolo e accompagnato dagli assessori e dai consiglieri 
                          comunali, faceva ritorno al palazzo Municipale.
 La sera parecchie case comparivano illuminate. Tenevasi 
                          concerto musicale nella piazza, davanti il casino di 
                          conversazione, ove presentavansi al Sindaco delle poesie 
                          sull'oggetto del Signor Pretore, dei Maestri comunali 
                          e del Rettore dell'ex-convento di S. Domenico. Leggevasi 
                          pure in istampa una bella poesia, dono dell'inclito 
                          cittadino Sig. Giuseppe La Porta, già Deputato 
                          al Parlamento siciliano».16
  
                          16. 
                            Egli nel 1868 coi tipi di Benedetto Lima da Palermo 
                            pubblicò un opuscolo col titolo: Poesie di 
                            Giuseppe La Porta.
 Top    9. 
                            Vie e mezzi di comunicazione Condotta l'acqua potabile 
                          dentro l'abitato, non si pensò ad altro che alla 
                          via rotabile, ch'era stata per lungo tempo l'aspirazione 
                          dei nostri antenati. Dietro reiterate istanze di questa 
                          popolazione nel 1807 il Real Governo Borbonico decretò 
                          la costruzione della strada rotabile da Mezzoiuso a 
                          Caccamo, passando per Portella di Blasi e per Ciminna. 
                          Il detto decreto fu confermato da un altro in data 17 
                          dicembre 1838, e il relativo progetto fu approvato dall'Ing. 
                          Sa-verino. La detta via fu cominciata a tracciare da 
                          Portella di Blasi per un miglio circa, di cui la metà 
                          era anche selciata, e doveva attraversare le due Gasene 
                          e le contrade Bardare, Margio, Cozzoferrato e S. Francesco 
                          di Paola.Ma i lavori proseguivano molto lentamente, perché 
                          una mano occulta ostacolava la costruzione di quella 
                          via, propugnando invece l'altra di Cefalà Diana, 
                          Baucina, Ciminna. Perciò a 23 dicembre 1858 il 
                          Decurionato di Ciminna, riunito straordinariamente, 
                          deliberò presentare una supplica al Signor Intendente 
                          per tutelare gl'interessi della popolazione. Esso affidò 
                          l'esame di quei dubbi all'Ing. D. Giovanni Bor-gese, 
                          che confermò la traccia eseguita.
 Ma non per questo cessarono gli ostacoli di quella mano 
                          occulta, e la costruzione della strada rimase sempre 
                          un desiderio dei nostri antenati. Venuto il nuovo governo, 
                          fu abbandonato l'antico progetto e prevalse quello di 
                          Cefalà, Diana, Baucina, Ciminna, Trabia, Termini, 
                          approvato debitamente dalla Deputazione provinciale 
                          di quel tempo. Ma per disgrazia di Ciminna a questo 
                          punto sopravvenne un fatto, che rese inutile per essa 
                          quel progetto. L'Ingegnere che doveva approvarlo fu 
                          di avviso contrario, e la strada da Baucina fu diretta 
                          a Ventimiglia, lasciando quel Comune fuori del commercio.
 Perciò quando nel 1869 la via rotabile divenne 
                          il grido unanime di tutta la popolazione, non si potè 
                          fare altro che costruire un tronco di chilometri cinque 
                          e metri 228 dall'estremità del paese al trivio 
                          Balatelle, dove fu unito a quella provinciale.17 
                          Con deliberazione consiliare del 2 febbraio 1870 fu 
                          stabilito l'appalto dell'opera per la somma di L. 100000, 
                          cioè L. 90460,73 di opere previste e L. 9539,27 
                          di opere impreviste, oltre l'indennità ai privati 
                          per l'espropriazione dei terreni. Furono spesi anche 
                          il sussidio della provincia in L. 55000 e quello del 
                          governo in L. 12000; e perciò la spesa totale 
                          fu circa L. 167000. La manutenzione rimase a carico 
                          del Comune, finché nel 1890 ne fu esonerato dalla 
                          provincia per tre quinte parti.
 Nello stesso anno, in cui fu deliberato l'appalto, il 
                          Comune volle inaugurarne l'avvenimento con intervento 
                          di tutte le autorità. A tale scopo il giorno 
                          primo maggio, nel quale coincideva la festa del SS. 
                          Crocifisso, fu solennemente collocata una lapide commemorativa 
                          nella pubblica piazza e precisamente sotto l'orologio 
                          comunale con la seguente iscrizione:
  
                           
                            A perpetua rimembranza
 D'un deliberato municipale
 Qui posto a tergo18
 Attuato in questo giorno solenne
 Aprendo una via al commercio
 II Municipio di Ciminna
 Rappresentato
 Dal Sindaco Cav. Dott. Giuseppe Sganga
 Per le ovazioni popolari
 Pone questo monumento
 Ciminna 1° Maggio 1870.
 Mentre la lapide veniva murata nel sito, dove si osserva 
                          ancora, un popolo festante assisteva alla cerimonia 
                          in mezzo ai concerti della banda musicale e al rimbonbo 
                          di mortaretti. Il momento fu reso più solenne 
                          dalla presenza di un prete, che benediceva la cerimonia 
                          dai balconi del Municipio. L'avv. Giuseppe La Porta 
                          scrisse una poesia d'occasione.
 Aperta la via rotabile non si tardò a conoscere 
                          che essa era insufficiente ai bisogni del paese, che 
                          ha il suo commercio nel vicino porto di Termini, e perciò 
                          si è chiesta sempre la costruzione di un altra 
                          via da Ciminna alla contrada Scala, per mettere il paese 
                          in più diretta comunicazione collo sbocco naturale 
                          delle sue derrate.19 Finalmente nel 1908 si ottenne 
                          dalla Deputazione provinciale Pinvio dei due ingegneri 
                          Distefano Salvatore e Lepanto Francesco per la redazione 
                          del progetto, che si spera essere approvato dalle autorità 
                          superiori.
 Se la via rotabile da Ciminna alle Balatelle dava uno 
                          sbocco alle derrate, rendeva difficile e penoso il viaggio 
                          alle persone, che volevano recarsi in Palermo. Perciò 
                          quando fra i Comuni di Palermo, Misilmeri, Bolognetta, 
                          Marineo, Baucina, Villafrati, Cefalà Diana, Godrano, 
                          Mezzoiuso, Vicari e Corleone sorse il consorzio per 
                          la costruzione della ferrovia Palermo-Corleone, Ciminna 
                          si affrettò a farne parte con deliberazione consiliare 
                          del 30 gennaio 1881, dando un contributo di L. 24000 
                          pagabili in 20 anni. La stazione ferroviaria dista da 
                          Ciminna 12 chilometri e vi si può andare due 
                          volte al giorno colla carrozza postale.
 Intorno a quel tempo il Comune volle anche il telegrafo 
                          per essere in più diretto contatto cogli altri 
                          paesi. Colla tenue spesa di L. 246,80 per l'impianto 
                          e L. 248 all'anno, Ciminna ebbe anche quest'altro vantaggio. 
                          L'inaugurazione fu fatta il 28 aprile 1880, sotto la 
                          sindacatura del Cav. Nicolo Diblasi, con l'intervento 
                          dei tre Sindaci del Mandamento e di tutte le autorità 
                          locali. Il discorso d'occasione fu pronunziato dal segretario 
                          comunale di quel tempo Sig. Santi Sganga.
 
  
                          17. 
                            Quindi il detto tronco fu prolungato fino alla Piazza 
                            Umberto I con una lunghezza totale di chil. 5 e m. 
                            700. Allora la via delle Boccerie divenne la più 
                            importante del paese e fu chiamata col nome di Corso 
                            Maggiore, che nel censimento del 1901 fu cambiato 
                            in quello di Via Umberto I. 18. 
                            In seguito a mia istanza il giorno 27 gennaio 1900, 
                            coll'assistenza dell'assessore municipale Cav. Mariano 
                            Gottilla fu rimossa la lapide per leggere il suddetto 
                            deliberato, che fu tosto rimesso al suo posto. Esso 
                            era del seguente tenore:
  
                           
                             
                              « 
                                L'anno mille ottocento settanta il giorno primo 
                                maggio in Ciminna.La Giunta Municipale composta dai Signori: Saso 
                                Salvatore, Bonanno Francesco Paolo, Bonanno Matteo, 
                                Agnello Leonardo, Presieduta dal Sindaco Dr. Sganga 
                                ed assistita dal Segretario Brancato Giuseppe.
 Visto il Deliberato consiliare dell'undici settembre 
                                mille ottocento sessantotto.
 Visto il Decreto Sotto-Prefettizio di autorizzazione 
                                del documentato atto di appalto in data del sei 
                                aprile mille ottocento settanta n. 1835.
 Delibera unanime d'inaugurare oggi il solenne 
                                aprimento della strada a ruota comunale, ordinando 
                                che il presente verbale, chiuso in astuccio di 
                                piombo, resti depositato nel muro a tergo della 
                                lapide commemorativa.
 Precedente lettura, il verbale è approvato 
                                ed indi sottoscritto ».
  
                               
                                Il Sindaco G. Dr. Sganga, L'assessore anziano 
                                Francesco Paolo Bonanno , II Segretario Giuseppe 
                                Brancato    
                           19. 
                            Deliberazioni consiliari 23 sett. 1876 e 13 luglio 
                            1907. Top    10. 
                            Aggregazione del Mandamento al Circondario di Palermo 
                            e nuova circoscrizione. Tutti questi mezzi 
                          di comunicazione del Comune di Ciminna col capoluogo 
                          di provincia fecero nascere il desiderio e la necessità 
                          di staccare il Mandamento omonimo dal Circondario di 
                          Termini ed aggregarlo a quello di Palermo. Dopo una 
                          lunga agitazione, alla quale presero parte i Comuni 
                          dipendenti, il Mandamento di Ciminna con Legge 7 luglio 
                          1901 N. 340 fu staccato dal Circondario di Termini ed 
                          aggregato a quello di Palermo.  Per questa disposizione 
                          legislativa Ciminna venne ad assumere la seguente circoscrizione:  Provincia Palermo,20 
                          Mandamento Ciminna, 21 
                          Diocesi Palermo, Parrocchia Ciminna, Collegio elettorale 
                          Caccamo, Sezione elettorale Ciminna,22 
                          Circondario Palermo, Pretura Ciminna, Ispettorato scolastico 
                          Palermo, Intendenza di finanza Palermo., Agenz. delle 
                          impos. Ciminna23 
                          , Ufficio del registro Ciminna,23 
                          Distretto militare Palermo, Comando divis.Palermo, Tenenza 
                          Carabinieri Mezzoiuso, Stazione Carabinieri Ciminna, 
                          Delegazione di P. S.Ciminna, Corte di appello Palermo, 
                          Tribunale civ. e pen. Palermo, Conservaz. ipoteche Palermo, 
                          Magazzino privative Marineo, Ripartimento forest. Palermo, 
                          Comizio agrario Palermo, Distretto notarile Palermo, 
                          Dir. poste e telegrafi Palermo.,Ufficio poste e telegrafi 
                          Ciminna.
 
 20. Dal 
                          quale dista chil. 43, cioè 31 di ferrovia e 12 
                          di via rotabile. (Cfr. FRANCESCO TRANCHIDA, Quadro poliometrico 
                          della provincia di Palermo).
 21. Coi Comuni dipendenti 
                          di Ventimiglia e Baucina e una popolazione complessiva 
                          di 15.338 abitanti, così divisa: Ciminna 6.265, 
                          Ventimiglia 4.605 e Baucina 4.468. La circoscrizione 
                          giudiziaria si estende anche ai feudi di Randino e Milicia 
                          Soprana, che fanno parte di altri territori.
 22. Con elettori politici 
                          n. 546 ed amministrativi n. 984.
 23. Col mandamento dipendente 
                          di Mezzoiuso.
 
 
 
  
                          Top    11. 
                            Terremoti posteriori a quello del 1823. —   Dopo il 1823 il terremoto 
                          in Ciminna si è ripetuto altre volte con minore 
                          intensità. Il 13 giugno 1843 alle ore 17 e minuti 
                          58 d'Italia furono intese tre forti scosse di terremoto 
                          nella dirczione di sud-ovest a nord-est e durate da 
                          5 a 6 minuti secondi. Esse fecero oscillare il suolo 
                          e le case, ma non accadde alcuna disgrazia; la sola 
                          torre dell'orologio della piazza se ne risentì 
                          pel distacco d'alcune piccole pietre dell'angolo a ponente, 
                          e le sue campane sonarono per gli straordinari colpi 
                          di martello; ciò che sorprese molti abitanti. 
                          Nel 1848 durò per lo spazio di qualche mese, 
                          durante il quale la popolazione dormì all'aperto 
                          nel piano del-l'Apurchiarola in mezzo alle aie del grano. 
                          Non produsse danni rilevanti, e ogni anno il 10 luglio 
                          se ne ricorda l'avvenimento col canto del Te Deum alla 
                          Matrice e nelle altre chiese, e col suono festivo di 
                          tutte le campane alle ore 21/2 di notte, in rendimento 
                          di grazie. Nel 1856 il terremoto durò quasi un 
                          paio di mesi con panico della popolazione, che, non 
                          potendo dormire all'aperto pei rigori della stagione 
                          invernale, passò diverse notti dentro le chiese 
                          pregando Dio, che allontanasse quel flagello. Neppure 
                          questa volta furono prodotti danni importanti.Dopo mezzo secolo il terremoto tornò a farsi 
                          sentire nel 1906, e durò quasi pure un paio di 
                          mesi. Le scosse più forti furono avvertite nei 
                          giorni 11, 12 e 13 settembre. La prima scossa fu preceduta 
                          da un boato sotterraneo e avvenne la sera dell'11 verso 
                          le ore 20, con grande spavento della popolazione. Questa, 
                          riversata subito nelle strade, si raccolse nella chiesa 
                          di S. Domenico, prese la statua di S. Vito, che si trovava 
                          ivi per la sua festa, e la condusse in processione col 
                          clero e la banda musicale per le vie del paese fino 
                          alla pubblica piazza, ove essa tutta la notte rimase 
                          esposta alla venerazione del pubblico. Nei primi giorni 
                          la popolazione dormì nelle campagne circostanti 
                          al paese dentro baracche di legno o sotto tende, ma 
                          poi, rassicurata poco a poco, ritornò a dormire 
                          nelle proprie case. Gli effetti di quel terremoto furono 
                          leggeri, poiché per ordine dell'Ingegnere del 
                          genio civile furono diroccate una decina di case e ne 
                          furono puntellate circa una ventina. Ma per lo più 
                          si trattava dì case vecchie e lesionate anche 
                          prima. Fra gli edifici pubblici furono danneggiati leggermente 
                          la chiesa di S. Giovanni, il carcere mandamentale e 
                          la pretura. Accenno di passaggio che quel terremoto 
                          colpì altri paesi della provincia di Palermo 
                          e specialmente Termini e Trabia, dove le scosse durarono 
                          anche più a lungo. La causa fu da alcuni attribuita 
                          all'elettricità, da altri ai vulcani e specialmente 
                          allo Strom-boli nelle isole Eolie, da altri ad assestamento 
                          del sottosuolo e da altri a qualche forza endogena d'origine 
                          sconosciuta.
 Dopo quell'anno furono avvertite per propagazione altre 
                          poche scosse di terremoto nel 1908, e la più 
                          forte di esse fu quella del 28 dicembre, che distrusse 
                          la sventurata città di Messina.
 
  
                          Top  12. 
                            Moti polìtici del 1893 Nel 1892 cominciarono 
                          a sorgere in Sicilia delle organizzazioni operaie, che 
                          presero il nome di Fasci dei lavoratori. Lo scopo apparente 
                          era quello di migliorare le condizioni degli operai 
                          con la riduzione delle ore di lavoro, con l'aumento 
                          del salario, con la modifica dei patti agrari, con lo 
                          sgravio delle tasse e con altre riforme. I Fasci erano 
                          diretti da un comitato centrale, che aveva sede in Palermo. 
                          Non tutti i Fasci però sorsero con idee socialiste, 
                          com'era intenzione del comitato centrale; ma la loro 
                          propaganda mise in maggiore rilievo le misere condizioni 
                          dei non abbienti e specialmente dei contadini. Accresciuto 
                          pertanto il malcontento di costoro, successero ben presto 
                          disordini e violenze.In diversi Comuni vi furono anche gravi e sanguinosi 
                          conflitti fra' cittadini e la forza pubblica.24 
                          In Ciminna durante il 1893 avvennero provocazioni, dimostrazioni 
                          ed abusi d'ogni sorta.25 
                          La pubblica tranquillità fu ivi talmente compromessa 
                          che il Governo dovette mandarvi un distaccamento militare 
                          e tenervelo per molto tempo.
 Il Fascio dei lavoratori in Ciminna fu inaugurato il 
                          23 ottobre 1893. Promotore ne fu un certo Calandra Achille, 
                          presidente del Fascio dei lavoratori in Villafrati, 
                          e nel detto giorno, seguito da molti soci di Villafrati, 
                          si recò in Ciminna. Ivi egli tenne da prima una 
                          conferenza nella sala del Fascio ed uscito poi nella 
                          pubblica via, senza il debito permesso dell'autorità 
                          di P. S. cominciò ad arringare la folla; ma fu 
                          tosto dichiarato in contravvenzione e con sentenza del 
                          30 novembre dello stesso anno venne condannato dal pretore 
                          di Ciminna all'ammenda di L. 83. Presidente effettivo 
                          del Fascio fu nominato un certo Ilardi Paolo da Ciminna.
 Da molti si credeva che il 3 gennaio doveva scoppiare 
                          la rivoluzione, e con l'aiuto della Francia doveva far 
                          ritorno il Governo borbonico. Gl'individui più 
                          risoluti avevano già pronta financo la bandiera 
                          per la rivolta ed a gruppi si permettevano spesso d'impedire 
                          la libertà di lavoro, onde il 25 ottobre ne furono 
                          arrestati parecchi. Il giorno dopo si trovò affisso 
                          un manifesto eccitante allo sciopero, e il giorno 30 
                          ebbe luogo una grande dimostrazione di molti popolani, 
                          che portavano la scritta: «Pane e lavoro». 
                          In tale occasione Bernardino Verro, componente del comitato 
                          centrale, tenne in pubblico un discorso, e nello stesso 
                          giorno furonoarrestati altri tre individui, che volevano 
                          impedire la libertà del lavoro.
 Per timore di maggiori disordini, gli uffici pubblici 
                          erano custoditi notte e giorno da carabinieri e guardie, 
                          e i civili del paese, preoccupati da sì vive 
                          agitazioni, pensarono di organizzarsi a scopo di difesa; 
                          ma il 1 gennaio 1894 fu proclamato lo stato d'assedio 
                          e così tornò subito la tranquillità.
 Il 9 gennaio il Fascio fu sciolto, e il 23 dello stesso 
                          mese furono arrestati 15 individui, che avevano preso 
                          parte attiva a quei disordini, e vennero tradotti subito 
                          al carcere di Termini.
 Da quell'epoca in poi le condizioni dei contadini sono 
                          molto migliorate, ma a ciò ha pure influito il 
                          fatto che molti di essi sono emigrati in America.
  
                          24. 
                            Tali conflitti sono narrati più diffusamente 
                            da N. COLAIANNI, Gli avvenimenti di Sicilia e le loro 
                            cause, Palermo 1894.
 25. N. COLAIANNI, op. 
                            cif., p. 173.
 
 Top  13. 
                            Emigrazione. Ora debbo accennare 
                          ad un fenomeno, che in Ciminna si è verificato 
                          altre volte e, riapparso parecchi anni addietro, dura 
                          tuttora. Esso è l'emigrazione, che nel secolo 
                          XVII diede origine ai Comuni di Ventimiglia e Baucina 
                          ed ora è estesa a molti paesi civili dell'Europa. 
                          Cominciò dopo il penultimo censimento fatto nel 
                          1881 e raggiunse il massimo nel triennio 1905-1907; 
                          ora si calcolano quasi 2000 gl'individui emigrati da 
                          Ciminna. L'emigrazione è diretta principalmente 
                          agli Stati Uniti d'America, ed è quasi esclusivamente 
                          temporanea, perché sono pochissimi gl'individui 
                          che non fanno più ritorno al paese nativo. Per 
                          questa emigrazione il numero degli abitanti è 
                          alquanto diminuito. Oltre questo effetto, l'emigrazione 
                          ha prodotto un aumento nel costo della mano d'opera 
                          e della vita, ciò che è stato un bene 
                          per alcuni e un male per altri, e ha diminuito la miseria 
                          e l'usura. Ma l'emigrazione è un fenomeno molto 
                          complesso e deve essere studiato sotto diversi aspetti, 
                          che non posso fare per l'indole di questo lavoro. Esiste 
                          anche un'emigrazione temporanea di contadini nel sud-est 
                          della Sicilia (marine) per la mietitura del grano. Partono 
                          insieme negli ultimi di maggio e ritornano alla fine 
                          di giugno con un discreto gruzzolo.
 
  
                          Top  14. 
                            Censimenti fatti nel secolo XIX.
 Nel secolo scorso furono fatti diversi 
                            censimenti, dei quali ecco i risultati: anno 1816 
                            n. d'ab. 5920; anno 1831 n. d'ab. 5490; anno 1861 
                            n. d'ab. 5323; anno 1871 n. d'ab. 5721; anno 1881 
                            n. d'ab. 6442.26 
                            Nell'ultimo censimento, fatto nel 1901 la popolazione 
                            risultò, di 6265 abitanti con 1531 famiglie.
 
 26. F. 
                            MAGGIORE PERNI, La popolazione di Sicilia e di Palermo 
                            nel secolo XIX, Palermo 1897.
 
  
                          Top 
                              webmaster@ciminna.eu
 |