CIMINNA (PA)

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Storia, arte, tradizione, costume, usi, verde, sole.......
Parte prima
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Memorie e Documenti

Dr Vito Graziano
Pubblicato MCMXI

Parte prima - cap.1

Descrizione di Ciminna e del suo territorio

1. Posizione geografica e topografica di Ciminna 2. Sua divisione e vie principali 3. Confini e forma generale del territorio 4. Area 5. Divisione in contrade e loro denominazioni 6. Descrizione oro-idrografica 7. Variazioni fisiografiche 8.Sottosuolo 9. Geologia 10. Clima 11. Fauna e flora 12. Prodotti principali

1. Posizione geografica e topografica di Ciminna

Ciminna è nel versante settentrionale della Sicilia, fra 37° 53' di latitudine nord e 1° 6' di longitudine est dal meridiano di Roma. Essa in media è alta sul livello del mare circa m. 500 ed è posta sul declivio meridionale d'un colle, chiamato S. Anania ed in pronunzia locale Santalania, il cui punto più alto è m. 566.1 Il numero totale delle case è 1725 e quello degli abitanti 6265 con 1531 famiglie; onde si ha una densità di popolazione di 3,63 abitanti per ogni casa e 4,07 abitanti per ogni famiglia. La parte più antica del paese è quella verso oriente e la più recente quella del lato opposto.

1. Carta   topografica   dell'Istituto   geografico   militare   alla   scala   di   1   a 50.000 f.  259  della Carta d'Italia.

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2. Sua divisione e vie principali:

Sin da tempo immemorabile il paese è stato diviso in quattro quartieri, che prendono i nomi dalle chiese più antiche: Matrice, S. Giovanni, Raccomandata e S. Sebastiano. I primi due sono divisi dagli altri dalla Via Pretura, Vicolo Piazza e Via S. Gerardo, che dividono il paese in due parti; il quartiere Matrice è diviso da quello S. Sebastiano dalla Via Alonzo Spadafora e dal suo prolungamento in alto fino all'uscita dall'abitato, e il quartiere S. Giovanni da quello Raccomandata dalla Via Canale e dalla Salita S. Francesco. Le vie antiche sono strette e tortuose, le moderne larghe e diritte; alcune sono lastricate con ciottoli, altre abbandonate a se stesse con tutti i solchi, i fanghi e le pozze d'acqua inevitabili. La differenza di livello, ch'è molta nelle strade dirette dall'alto in basso, diventa poca in quelle che sono in direzione perpendicolare alle prime. Durante la notte esse sono illuminate con numero 61 fanali a petrolio e numero 34 ad acetilene; ma fino al 1870 erano interamente al buio, interrotto ogni tanto da una piccola lampada accesa in qualche cappelluccia. Le vie principali sono: La Via Umberto I, ch'è un prolungamento della via rotabile nell'interno dell'abitato, la Via Pretura, la Via S. Gerardo, la Via Canonici, la Salita S. Sebastiano, la Via Alonzo Spadafora ed altre.2 Le case sono ordinariamente costruite con fabbriche di gesso e la loro altezza è per lo più di due piani, contando dal suolo; ma ve ne sono a uno e a tre piani. Il panorama del paese, veduto dal colle di S. Vito, fu disegnato a lapis nel 1868 dal Sig. Santi Sganga, in un bel foglio di grandi dimensioni, che è nel Circolo dei civili. La pianta topografica fu rilevata alla scala di 1 a 1000 nel 1880 dall'Ufficio tecnico dell'Intendenza e si conserva nell'Ufficio della Agenzia delle Imposte. Nel censimento del 1901 ne fu eseguita una copia, ch'è quella sopradetta in nota.

2. Anticamente le vie non avevano nomi e per lo più s'indicavano con quelli delle chiese e delle famiglie più importanti che vi erano. Ora sin dal censimento 1901 li hanno tutte, come può vedersi nella pianta topografica del Comune esistente nell'Ufficio municipale.

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3. Confini e forma generale del territorio:

Prima di cominciare a raccontare la storia di questo paese, io debbo parlare del territorio che lo circonda, poiché « la storia di un paese non può essere né ben compresa né a fondo raccontata, se prima non se ne conoscano le condizioni naturali. Il paese è il suolo, dal quale germogliò gran parte di quello che sovr'esso si trova,col quale son legate, né solo esternamente, le azioni e le sorti del popolo».3
Il territorio di Ciminna è compreso fra 37° 50' e 37° 55' di latitudine nord e 1° 3' e 1° 10' di longitudine est dal meridiano di Roma. Esso confina: a settentrione coi territori di Villafrati, Baucina e Ventimiglia e parte del territorio di Caccamo, ad oriente con quest'ultimo, a mezzogiorno col territorio di Vicari e ad occidente con quello di Mezzoiuso. La sua forma è quasi circolare, con una sporgenza nella parte settentrionale. Essa si presenta un poco depressa da nord a sud, e perciò la sua massima lunghezza è da est ad ovest e misura m. 10500, mentre quella da nord a sud è m. 9800.

 

3. adolfo holm, Storia della Sicilia nell'antichità, tradotta dai professori G. B. Dal Lago e Vittorio Graziadei, Torino 1906, voi. I, p. 31.

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4. Area

La superficie totale, secondo l'antico catasto del 1845, è salme 3091 e millesimi 832, pari ad ettari 5398,5170.4 Però nell'opera di Vincenzo Mortillaro «I catasti in Sicilia» l'estensione è di salme 3051 e millesimi 927. Nel seguente prospetto si osservano le specie delle culture esistenti allora nel territorio: Ma la sudetta superficie del territorio è inferiore alla vera, perché dalla misura esatta, eseguita pel nuovo catasto, essa risultò di ettare 5635, are 24 e centiare 48.Così divise in cifre tonde:Mappa terreni ett. 5613 »     urbana    »      

Però anticamente il territorio era molto più grande dell'attuale, perché comprendeva anche quelli di Ventimiglia e Baucina e le terre dette Corvo, Navurra e Milicia Soprana.5
Ciminna per la sua importanza, come capoluogo di Mandamento e sede d'Agenzia delle Imposte, ha un territorio ristretto e ha dritto ad un certo ingrandimento di esso. Perciò nella seduta consiliare del 26 settembre 1877 chiese alla Giunta Provinciale che al suo territorio fossero aggregate le contrade Scala, Salito, Fiume, Gelso, Cannola, Manchi (soggette a Caccamo), il così detto Fé gotto di Cupani e Capizzana (soggette a Villafrati), Noce e tutte le terre che si estendono sino alla strada provinciale (soggette a Baucina).Ma la Commissione per la circoscrizione territoriale intorno al Circondario di Termini,6
eliminando le altre domande, accolse quelle fatte a Caccamo e in parte quelle fatte a Villafrati, e ciò per la distanza a favore di Ciminna e per la coltura fatta da proprietari e coloni Ciminnesi. Laonde essa avvisò che al territorio di Ciminna si aggiungessero: di Villafrati le contrade Capizzana e Saladino nell'estensione di ettari 225 e con l'imponibile di L. 6323, e di Caccamo i tratti dell'exfeudo denominati: Quarto Anime Sante, Otto Salme, Nuccio e Savuchi, formando limite la trazzera regia che da Ciminna conduce a Montemaggiore, e le contrade Gelso e Cannola possedute da Ciminnesi fino al burrone Mizzari, nell'estensione complessiva di ettari 631 e con l'imponibile di L. 11968.La Commissione fu assai rigida nell'accogliere le giuste domande fatte da Ciminna; ma, limitandosi anche al giudizio di essa, il territorio verrebbe ad ingrandirsi di altri 856 ettari, con rilevante vantaggio del Comune. Però credo che la legge 11 luglio 1877, con la quale il Governo fu autorizzato a mutare la circoscrizione territoriale di Sicilia, resterà sempre un desiderio di molti Comuni, che aspettano giustizia dalla detta legge. Il Governo infatti e la Deputazione siciliana non oseranno mai offrontare l'impopolarità dei Comuni, che ne verrebbero danneggiati.

. Ogni salma catastale è uguale a 1.000 millesimi. Ogni tumolo dell'abolita corda di canne 18 è uguale a 80 millesimi, e quindi una salma è uguale a tumoli 12 Vi.

5. Deliberazione consiliare del 26 settembre 1877
.6. Rapporto  della Commissione per la  circoscrizione  territoriale  intorno al Circondario di Termini. Tipi di A. Giannitrapani

5. Divisione in contrade e loro denominazioni.

Il territorio attuale si divide in molte contrade, che, secondo l'antico catasto del 1845, hanno le seguenti denominazioni, che sono ancora in uso: Apurchialora, Feudaraso, Signora Vita, Capra, Pistolena, Gasena di Cupani, Gasena detta di Palermo, Porrazzi, Casuzza, Galla, Canalotto, Ballaronza, Germone, Annunziata, Carcaci, Scalilla, Tudisco, Garranello, Pecorone, S. Francesco di Paola, Bardare, Margio, Cozzoferrato, Passo di Cuti, Serre, Tenello, Loreto, Cassone, Chiusa, Ginestra, S. Caterina Sottana, Sutera, Veca, Passo della Racina, Portella, S. Caterina Soprana, Pizzo della Monaca, Piano dei Poliedri, Costa di Cinque Terraggi, Portella di S. Caterina, Gemuta, Canale, Timpa di S. Antonio, Mandorle Amare, Seggio, Monte Rotondo, Maragliano, Lauro, Fontana dei Re, Pizzo, Ruggieri, Contessa, Piraini, Rosso Manno, Castelluzzo, Cannatello, Fiume, Margi, Macina, Benefizio, S. Michele, S. Nicolo, Pirato, Contessella, Valle di Pollicino, Ficiligni, Sotto le Timpe, Isola di Agozzino, Isola dell'Affumata, S. Maria della Porta, S. Rosalia, S. Anania, Stellino, Pero Rosso, Pozzillo, Marrana, S. Pantaleo, Ponte, Noce e S. Filippello.

6. Descrizione oroidrografica

Il territorio è attraversato da una serie di monti e di colline, che, partendo dalle Serre di Capizzana, si dirige a mezzogiorno fino a quelle di Ciminna, donde per breve tratto prosegue verso oriente e quindi va al confine settentrionale. Essa può considerarsi come una colonna vertebrale, che divide il territorio in due parti, una che guarda in generale verso settentrione e l'altra verso mezzogiorno.Queste comunicano fra loro nei luoghi, ove la detta serie è quasi interrotta, e presentano diverse configurazioni. Infatti la linea che sparte le acque, nella parte settentrionale si continua con terreni che scendono gradatamente in basso, e nella parte meridionale confina con rocce e balze, chescendono a picco quasi da per tutto e dalle quali si sono staccati, in epoche diverse, massi enormi e di ogni dimensione. In queste balze esistono molte grotte di varie grandezze.Dalla suddetta serie risultano alcuni versanti, che, secondo la dirczione in cui sono esposti si possono dividere in settentrionali, orientali e meridionali. Essi per mezzo di torrenti e burroni vanno a scaricare le loro acque nel fiume S. Leonardo, di cui tutto il territorio è tributario. I principali affluenti del suddetto fiume, provenienti dal nostro territorio, sono i torrenti di Annegasardo, Ficiligni, Milione, Margi, Cannatello, Pecorone, Ballaronza, Galla, Gasena, Paimeri ed altri. Essi sono alimentati principalmente dalle acque piovane e da alcune sorgive, fra le quali accenno quelle di S. Pantaleo, Feudaraso, Signora Vita, Vallegrande, Ginestra, Faruzzi, Margi, Fontana del Re, Gemuta, Annunziata, Pecorone, Cannatello, Monte Rotondo, Fontanella, Canale, Folletto, Vallone ed altre minori. Le acque provenienti dalle dette sorgive sono tutte salmastre, eccetto quelle di S. Pantaleo e di Gemuta. I siti più elevati del territorio, secondo la carta dell'Istituto geografico militare f. 259, sono Pizzo7 m. 805 sul livello del mare, Serre m. 777, Pizzo della Monaca m. 727, Cozzo Maragliano m. 672, Madonna di Loreto m. 619, S. Caterina m. 600, colle di S. Vito m. 589, colle di S. Anania m. 566 e colle del Seggio m. 565.

7. Dal detto monte, così chiamato per la  sua forma e posto a sud-est dell'abitato, si gode un panorama stupendo e si vedono moltissimi Comuni

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7. Variazioni fisiografiche

Dalla serie di monti e di colline, che attraversa e divide in due parti il territorio, si sono, in epoche diverse, staccati dal lato meridionale massi d'ogni dimensione, i quali hanno trasformato la fisionomia primitiva dei terreni sottostanti. Di tali massi la maggior parte si trova nell'feudo Cannatello, ove sono ammassate pietre d'ogni grandezza, che fanno prendere alla contrada il nome di Chiarchiaro. In mezzo a quei massi si trovano dei vuoti molto grandi, ove talvolta sono periti animali d'ogni specie. L'area occupata dai detti massi forma una zona allungata, che dal monte arriva a poca distanza dal fiume S. Leonardo. Essa è così estesa, che per esprimere una cosa grande fece nascere il motto: « E chi è la lavanca di lu Castidduzzu? ! » La maggior parte di tali massi si staccò dai monti soprastanti, probabilmente in una volta, in epoca sconosciuta. Ciò è provato dalla disposizione informe dei massi e principalmente dall'aspetto perpendicolare delle rocce (vausu castidduzzu), donde avvenne il distacco. La tradizione popolare conferma il fatto e diede il nome alla contrada, che si chiama Lavanca di Sutera.L'aspetto di quell'immenso dirupo, guardato dalla parte di sotto, è così pittoresco e maestoso che ha sempre colpito la fantasia del popolo, il quale, non sapendo spiegare la causa naturale, ha creato diverse leggende, che saranno riportate in seguito. Ma lasciando il campo delle leggende e delle fantasie e venendo a parlare delle cause fisiche, che determinarono la caduta di quei massi, si può affermare che essa fu prodotta da una grande frana, provocata forse dall'infiltrazione di qualche sorgiva d'acqua esistente al di sopra del balzo ed ora scaturente in mezzo al Chiarchiaro. Quest'ipotesi trova la conferma in un'altra frana, avvenuta circa quarantenni addietro nella sponda opposta del detto fiume e precisamente nella contrada Manchi. Anche questa fu attribuita all'infiltrazione nel sottosuolo di un'acqua, che scaturiva nella parte superiore della frana. Oltre a questa bisogna ammettere, come causa predisponente, la mancanza di forte coesione nei punti, donde avvenne il distacco dei massi; infatti è noto che le rocce a base di solfato di calce sono poco compatte. Variazioni fisiografiche della stessa natura, ma di minore importanza, sono avvenute anche sotto Monte Rotondo e nella Timpa di S. Antonio. Finalmente devo accennare ad altre variazioni notevoli,avvenute per la formazione o ingrandimento di alcuni burroni . La più importante di queste è quella del burrone Passo di Cuti, che fino a qualche secolo addietro era un piccolo torrentello e fu prodotto dal diboscamento delle colline soprastanti.

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8. Sottosuolo

Il territorio di Ciminna per la presenza di monti e di colline, spesso a forma di balzi, ha molte grotte naturali, che sono note alla pubblica sicurezza pel ricovero che potrebbero farvi i latitanti.Le principali grotte sono, cominciando dalla parte orientale del territorio:Grotta Palummara nell'ex-feudo Cannatello, coli'entrata ad ovest.Grotta Saraceni sul Pizzo, coll'entrata esposta a sud e di difficile accesso. È la più grande di tutte.Grotta Ruggieri sul monte omonimo, coll'entrata esposta a sudest.Grotta di Monte Rotondo, coll'entrata esposta a nord e di difficile accesso.Grotta dello Zingaro nel feudo Pecorone, coll'entrata a sud.Grotta Panni in contrada Tudisco, coll'entrata esposta a sud.Grotta Ciaramiti, coll'entrata esposta ad est.Grotte dell'Annunziata in numero di tre, delle quali una ha l'entrata esposta a sud-ovest e le altre due ad ovest.Grotta Bambina nel feudo Gasena Vecchia, coll'entrata esposta ad est.Grotta Acquammucciata nel feudo Gasena Nuova, detta anche di Palermo, coll'entrata esposta ad est.Altre due grotte nella stessa contrada, delle quali una ha l'entrata esposta ad est e l'altra a sud.Vi sono molte altre grotte di minore importanza, che io tralascio per brevità.

9.  Geologia

  I terreni che formano il territorio sono tutti dell'epoca terziaria, eccetto qualche piccolo deposito quartenario o alluvionale lungo il fiume S. Leonardo e il burrone Marrana ad est dell'abitato, ma appartenenti a diversi periodi geologici, che sono il miocene superiore o tortoniano, il miopliocene conosciuto sotto il nome di zona a congerie e il pliocene inferiore. Di questi terreni il più diffuso è certamente il miocene superiore. La formazione gessosa è quella che vi predomina e trovasi sovrapposta a una formazione molto potente di argille e di sabbie differentemente colorate e con molti fossili. La detta formazione è chiamata anche solfifera per le tracce di zolfo, che vi si riscontrano. Al Pizzo, sulla cima del dirupo che si eleva sopra il fiume S. Leonardo, si trova un interessante banco di calcare grossolano a Pecten aduncus. Esso, dice il Baldacci,8 non venne trovato in altre località, eccetto Calatafimi e la contrada Carcarelle tra Polizzi e Petralia.Ma i terreni di Ciminna sono geologicamente importanti non solo per la serie che rappresentano, ma anche e principalmente pei fossili che contengono. Questi sono in gran quantità nei dintorni dell'abitato alla distanza di 200 metri circa, in un sito detto Stincone, e poggiano sopra strati d'argilla molto fina, che sino a pochi anni addietro serviva per l'industria della creta cotta. Se ne trovano anche in un'altra contrada chiamata Gemuta (Cozzo di Campana), distante circa un chilometro e mezzo dal paese.Nel 1886 io ne portai alcuni al Museo di Mineralogia e Geologia della R. Università di Palermo, ove ancora si conservano. Alcuni altri esemplari dei detti fossili si trovano nel Museo Comunale di Termini, e in questa ve n'è una ricca collezione, con un esemplare di lignite e due di strobihis pinus, presso il Prof. Saverio Ciofalo. Questi sin dal 1868 raccolse ed illustrò i detti fossili, e poi scrisse alcune osservazioni sul miocene di Ciminna in forma di lettera all'Ingegnere P. Zeri, pubblicata nel Bollettino del R. Comitato geologico dell'anno 1878 n. 78, e ne fece un elenco di 66 specie diverse. Nel 1872 scrisse anche «Descrizione di una nuova conchiglia fossile del miocene di Ciminna».

8. Baldacci Lorenzo, Descrizione geologica dell'isola di Sicilia.

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10. Clima

Esiste una stazione termoudometrica da me impiantata il primo ottobre 1909. Ma per la brevità del periodo d'osservazioni nulla di certo si può dire finora per quanto riguarda il clima.In generale si può affermare che esso nell'inverno è freddo e umido e nell'està assai caldo, ma mitigato dai venti di nord-est e nord-ovest. Questi sono quelli dominanti; ma vi è anche il vento sud-ovest, che nell'inverno è molto freddo e prende il nome locale di scorciavacchi o mezziusaru. Altri venti sono quelli di nord o tramontana, quello di est e quello di sud-est o scirocco,9 che sono meno frequenti. Per conoscere la loro direzione, gli antichi collocavano sulle sommità dei campanili delle banderuole metalliche, che in molte chiese esistono tuttora.Nella primavera è frequente la brina (ilata), ch'è temuta dagli agricoltori, perché distrugge i fiori d'alcuni alberi, specialmente del mandorlo, ch'è assai diffuso nel territorio. Nella stessa stagione è temuta anche la nebbia a terra (muffura), ch'è pure frequente. Nei tempi passati il clima era forse più freddo di quello attuale, come risulta da alcune notizie del 1852 richieste dal Governo al Sindaco di quel tempo. Da esse si rileva che la temperatura estiva, quantunque non fosse misurata d'alcuno strumento, si calcolava, nei giorni più caldi, 35° C., e quella invernale -2° o -3°. La precipitazione acquea era certamente più abbondante; infatti le piogge cadevano dirotte alla fine dell'està e al principio dell'autunno, e si rinnovavano alla fine di ottobre alternandosi sino a febbraio. Perciò l'umidità era frequente nell'inverno, ma rara nell'està per l'azione che si attribuiva allo scirocco. La neve si vedeva non di rado nei primi di novembre, e si ripeteva spesso ad intervalli nei mesi di gennaio, febbraio e marzo; ma il freddo non giungeva mai a far gelare le acque. Tra fenomeni rari di meteorologia si ricordano diverse piogge di polvere meteorica rossastra, che lo scirocco suole trasportare dalle terre africane. L'ultima di queste avvenne nell'inverno del 1903 e fece assumere al ciclo un aspetto sinistro e rossastro, producendo molta paura nel popolino.Il 12 marzo 1832 avvenne un terribile uragano, ch'è descritto nel seguente rapporto, fatto dal Sindaco all'Intendente della Valle di Palermo in data 14 marzo di detto anno: « La forza de' contrari venti, accrescendo sempre timori e palpiti, presentava la vera immagine dell'infelicità. Nel corso quasi di dieci ore l'impero dello spavento si estese ovunque. Le tegole che coprivano le case volavano per infrangersi nella loro caduta. Quella porzione di campagna che era esposta alla vista di tutti offriva il più orribile spettacolo. Gli alberi che resistevano all'impeto di questa meteora, possiamo dirlo, ne rimasero estinti, le rotte braccia che scrosciavano al suolo, proseguivano lo stridore coll'essere in altro luogo trasportate, e quel che più sorprende ed angustia, i più annosi e superbi oliveti furono svelti dalle loro radici, e spinti lungi dal luogo della loro piantagione». I danni sofferti ascesero, per rapporto concorde dei periti, a 6000 onze, pari a L. 76500. Per quanto riguarda la salubrità, il paese si trova in condizioni poco buone per la sua posizione topografica, la quale è alquanto avvallata rispetto ai monti circostanti ed esposta a molti venti. In generale la parte più elevata del paese è più sana di quella inferiore, alla cui estremità esiste un burrone, che nell'està è malsano. Anche il territorio è salubre nei luoghi elevati e insalubre in quelli bassi per la presenza della malaria, la quale vi è assai diffusa. Infatti essa si trova nelle seguenti contrade. Porrazzi, Villafranca, Garranello, Calìa, Pecorone, Ginestra, Cannatello, Margi,Fiume e Faggiana, occupando quasi due terzi di tutto il territorio.
La contrada più salubre è certamente quella di S. Caterina, la quale serve di villeggiatura estiva a molte famiglie. La parte più bella e quindi preferita è quella media, che si chiama S. Caterina Soprana e si trova quasi a 650 metri sopra il livello del mare. Alquanto inclinata ed esposta ad oriente, presenta un panorama limitato in fondo dalle Madonie e da altri monti, e nel resto è circondata da colline che la riparano dalle variazioni atmosferiche. Essa gode meritatamente fama di essere utile nelle convalescenze prolungate e nei casi di deperimento organico prodotto da diverse cause, poiché, eccitando i poteri fisiologici, aumenta l'appetito e fa introdurre nell'organismo una maggior quantità di alimenti. Molti sono i casi di persone guarite o migliorate colla semplice dimora in essa, che può considerarsi come una vera stazione climatica di montagna.

9. Questo vento è  spesso nocivo  alle campagne pel calori  eccessivi  che produce e alcune volte anche per la sua violenza.

 

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11. Fauna e flora

Dalla natura del suolo e dalle condizioni climatiche dipende la distribuzione degli animali e delle piante d'ogni località, che ne costituiscono la fauna e la flora. Esse nel territorio sono in generale quelle della Sicilia e quindi basta studiare queste per conoscer le. Però non posso tralasciare gli animali e le piante del territorio di Ciminna, che vivono allo stato domestico e quelli che vivono allo stato selvaggio e sono utilizzati per alimentazione dell'uomo o per altro.Per dare un'idea più esatta degli animali domestici più importanti riferisco i risultati del censimento del bestiame, fatto il 19 marzo 1908 per la legge 14 luglio 1907 n. 535: Cavalli n. 184,10 asini n. 443, muli n. 761, bardotti n. 28, bovini 69, porci n. 157, pecore n. 1423 e capre n. 542. Altri animali domestici sono: il cane, il gatto, la gallina, la colomba, il tacchino, l'oca, il pavone e il coniglio. Gli animali, che vivono allo stato selvaggio e servono per alimentazione, costituiscono la caccia, la quale nel passato era più abbondante di ora. Le cause di questa diminuzione furono il dissodamento di molte terre, specialmente di montagna, il perfezionamento delle armi da fuoco e la maggiore ricercatezza delle carni di caccia, ch'è divenuta una piccola industria d'alcuni cacciatori. Alcuni animali da caccia vivono nel territorio in tutti i mesi dell'anno e si dicono stazionari, altri poco tempo e si dicono di passaggio. Sono stazionari: il coniglio, il lepre, l'istrice, la pernice, il palombo, la calandra maggiore, il merlo, il verdone, l'usignuolo, il zivolo, il passero e il piviere. Sono di passaggio: la quaglia, la tortora, la calandra, il tordo, il fringuello, il beccafico, il pettirosso e i seguenti uccelli di ripa: l'anitra selvaggia, la gallinella acquatica, il corriere piccolo e la ranocchiaia. La pesca del territorio è limitata all'anguilla, alla minusa, al granchio e alla tinca, oggi rara, che vivono nel fiume S. Leonardo. Le piante, che vivono nel territorio allo stato domestico, si dividono in quelle di alto, medio e piccolo fusto, erbacce, ortalizie ed ornamentali. Le piante di alto fusto sono: l'ulivo, il noce, il gelso nero, il gelso bianco, il carrubbo, il pino, il pioppo, l'olmo e il cipresso. Di medio fusto: l'arancio, il limone, il mandorlo, il ciliegio, il susino, il pesco, l'albicocco, il pero, il melo, il cotogno, Pazzeruolo, il fico, il fico d'india, il melograno, il pistacchio comune, il nespolo del Giappone e il nespolo comune. Di piccolo fusto: il salice, la canna, la vite e il sommacco. Erbacee: il frumento, la fava, la lenticchia, il pisello, il cece, la cicerchia, l'avana, l'orzo e l'aglio. Ortalizie: il pomidoro, il petronciano, il cedriuolo, il broccolo, il cavolo, il cavolo cappuccio, il fagiuolo, il pepe, la zucca, il popone, il carciofo, la cicoria, l'indivia, la patata, la lattuga, il finocchio dolce, il sedano, il rafano, la pastinaca e la cipolla. Le ornamentali: la rosa, il garofano, il giglio, il gelsomino, la menta, la tuberosa, il girasole, la cedronella e il tulipano.11
Le piante, che vivono nel territorio allo stato selvaggio e si utilizzano per alimentazione dell'uomo, sono: il cardo, il cappero, l'asparagio, il finocchio selvatico, la cicoria selvatica, il fugo, la borragine e il cappero. Quelle che si utilizzano per altri usi sono: la sulla per fare prati artificiali, l'ampelodesmo per legare i covoni e i fasci di legna, l'alloro per diversi usi domestici a causa dell'aroma delle sue foglie, il giunco per fare fiscelle e per altri usi domestici, e la bura per costruire pagliai, otturare le fessure delle botti e metterla nei piccoli basti degli animali che tirano l'aratro. Nei tempi passati erano utilizzate la liquirizia e la zasa: quella si esportava e costituiva una piccola industria, questa serviva per tingere l'albagio, ch'era stato sottoposto alla gualchiera (paraturi}.Anticamente vi erano alcuni boschi sulle montagne e sui colli circostanti all'abitato, cioè quelli di S. Vito, S. Anania e S. Antonio. Essi erano formati in gran parte da querce, fornivano legna al paese nella stagione invernale ed impedivano le inondazioni. Furono distrutti nei primordi del secolo scorso per la smania della coltivazione; ma le terre, ove essi erano, oggi sono ridotte squallide e quasi prive di ogni cultura.

10. Per la riproduzione di questi esiste una stazione di monta ippica fondata nel 1905.
11. Notizie degli scavi di antichità comunicate alla R. Accademia dei Lincei, anno 1878, p. 383.

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12. Prodotti principali

Il territorio è tanto fertile, che anticamente fece acquistare al paese il titolo di ubertoso.12 Il P. Francesco Lanovio nella Chronica Generalis Ordinjs Minimorum, pubblicata in Parigi nel 1635, così scrisse di Ciminna: «Corali. Fra le piante allo stato domestico debbo accennare al lino, ch'è ora quasi scomparso, e al tabacco, che si coltivava anticamente. Infatti il 14 luglio 1829 Fr. Paolo d'Alcamo, guardiano del convento dei Cappuccini di Ciminna rivelò che nel giardino appartenente al detto convento esisteva la piantagione di 465 piedi di foglie di leccio e 111 piedi di foglie del Brasile per servizio della comunità.
mendatur presertim ab aeris salubritate, ac prospectu quo gaudet, nec deest a solo ubertas, et copia rerum omnium ». I principali prodotti sono attualmente grano, sommacco, mandorle, olio ed altro; ma anticamente vi erano in abbondanza anche l'uva e il vino ed esistevano buoni pascoli per armenti. Per testimonianza di Fazzello, Villabianca ed altri scrittori Ciminna era famosa per la quantità e la bontà dei vini. Vito Amico nel Lexicon topographicum, stampato in Catania nel 1754, disse: «Agri Ciminnensis foecunditas Celebris habetur, sed vineis praecipue illius terrae consitae Baccho gratissimae evadunt. Vini idcirco quaestus apud incolas Panormum usque non levia parit illis commoda». L'abate Francesco Sacco nel suo Dizionario geografico, pubblicato nel 1799, disse: « II suo territorio produce grano, orzo, vino, olio, mandorle e pascoli per armenti. Il suo maggior commercio di esito consiste in vino». L'Avvocato Giuseppe Ortolani nel Nuovo Dizionario geografico, stampato nel 1819, scrisse: «Esporta vino, olio, mandorle ed uva.13 Ha buoni pascoli per armenti».14 E ciò viene confermato da Carlo Vanzon nel suo Dizionario universale della lingua italiana, edito nel 1840. La cultura della vite era estesa alle contrade S. Caterina, Pizzo della Monaca, Serre, Cassone, Gemuta, Pizzo, Maragliano, S. Pantaleo, S. Filippello, Pistolena, Bardare e nel territorio di Villafrati alla contrada Capizzana. Era tale la quantità del prodotto, che, per testimonianza delle persone più vecchie, spesse volte i proprietari per mancanza di vasi vinari lasciavano il mosto nei palmenti, e vendevano il vino a tre grani il quartuccio (antica misura siciliana equivalente a poco meno di un litro). Ciò durò sino alla metà del secolo scorso, quando si sviluppò Yoidium, che ridusse assai la coltura delle vite e la fece sostituire con quella del sommacco.

12. Nelle antiche fedi parrocchiali si leggeva, fra gli altri titoli del parroco, anche questo: Ac huius Ubertosi Communi! Capiti* Circumdarii Ciminnae, totiusque Territorii Archipresbyter.
13. Molto rinomata ed esportata in altri Comuni era una specie d'uva cogli acini bislunghi, che si conservava molto tempo ed era chiamata ciminnita da Ciminna, dove invece era chiamata prumesta 14. La bontà dei pascoli favoriva l'industria della pastorizia e l'allevamento degli animali, che influivano a rendere bassi i prezzi d'alcuni generi alimentari, come la carne e il cacio.

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