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CIMINNA (PA)

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Presentazione
oom:MemorieDocumenti1911.
 

  Dott. VITO GRAZIANO

CIMINNA

Memorie e Documenti

a cura di
FRANCESCO BRANCATO
AMMINISTRAZIONE COMUNALE
BIBLIOTECA COMUNALE
CIMINNA

1987

PRESENTAZIONE

 

Fu notevole l'ondata di consensi che, nel mondo culturale siciliano, sollevò, appena pubblicata, la monografia del dott. Vito Graziano su Ciminna. Memorie e documenti. Se ne parlò su tutti i periodici di maggior grido dell 'epoca.
Sul « Giornale di Sicilia »1 se ne occupò G. M. Calvaruso, mettendo in modo particolare in rilievo l'originalità dell 'interpretazione che il Graziano aveva fatto della origine del nome Ciminna, avendo egli scartato senz 'altro la derivazione latina o neolatina di gusto popolare da cis-minna, « di qua dalla mammella », con allusione al Monte Rotondo, e facendo derivare quel nome, com 'è più probabile, dalla voce araba samin, al femminile saminah, che significa « pingue », « grasso » e, quindi, con riferimento al territorio Ciminnese, « ubertoso », per cui il comune meritò il titolo di « ubertoso ».
Su « L'Ora »2 Francesco Guardione ne mise in rilievo il contributo recato alla conoscenza della storia del Risorgimento con quanto il Graziano riferisce sugli avvenimenti capitanati da Francesco Bentivegna e da Luigi La Porta fino alla fondazione a Ciminna, il 23 novembre 1893, del Fascio dei Lavoratori, sciolto, appena due mesi dopo, il 23 gennaio 1894, con l' arresto di 15 individui in seguito ai moti scoppiati un po' dovunque, specie nella Sicilia occidentale, sollecitati dalle organizzazioni socialiste già molto diffuse nell 'isola.
Su la « Rivista Storica Italiana » 3 Giuseppe La Mantia loda l'accuratezza con cui è condotto il lavoro e il contributo di chiarificazione che il Graziano reca sui punti più discussi della storia di Ciminna, quali, per esempio, il sito e l'epoca in cui originariamente sorse il paese e le funzioni del castello.
Giudizi favorevoli espressero altri storici e studiosi,
4 fra cui il Pitrè, il grande folklorista, il quale gli scrisse, fra l'altro, di avere letto « con predilezione » il suo libro, e di avere trovato anche « qualche notizia nuova, come nuova è, per la poesia gli rilevò, fra l'altro la storia di P. Grech », del domenicano, cioè, che, per essere nato a Malta, a Ciminna era meglio conosciuto dal popolo come P. Malta e che fu priore alla fine del Settecento, del Convento di S. Domenico.5
Un « classico », dunque, può considerarsi nel suo genere questa storia di Ciminna e come tale si può annoverare tra i migliori testi di storia locale fioriti anche in Sicilia tra la seconda metà dell'Ottocento e i primi due decenni del nuovo secolo.
Tutta la storiografia liberale moderata, che si affermò dopo l'Unità, si impegnò in modo particolare ad esaltare il contributo di pensiero e di sacrifici dato dalle singole regioni per il raggiungimento dell'unificazione politica italiana. Trascurò pertanto lo studio delle storie locali che, poco alla volta, dagli storici professionisti in modo particolare, cominciarono a guardarsi con diffidenza, perché ritenute unilaterali e municipalistiche. Facile capire la retorica che non di rado si accompagnò a tale forma di storiografia che pure ebbe, nei tempi più vicini a noi, studiosi seri e di notevole valore, come Michele Rosi, Pietro Silva, Gioacchino Volpe, per ricordare i più noti.
Ma passata l'ondata romantica del Risorgimento, con il risvegliarsi dell'interesse per la storia non soltanto delle singole regioni, ma soprattutto di quella anche dei singoli comuni, si ebbe, per reazione, tutta una fioritura di storie locali: dai due volumi Sulla città e comarca di Castronovo di Luigi Tirrito, editi a Palermo nel 1773 (editore Priulla), alle Notizie storiche su Casteltermini e suo territorio di Gaetano Di Giovanni, pubblicate in due volumi, 1869 e 1873, ad Agrigento, alle Memorie storiche di Marine o del sac. Giuseppe Calderone pubblicate a Palermo nel 1892.
A suo tempo, il primo a reagire fu Isidoro La Lumia, certamente il più grande storico regionale siciliano, il quale, ebbe, fra l'altro a scrivere: « Per me l'Italia non è una vuota astrazione: è il materiale e morale complesso delle varie sue parti, che vanno ugualmente considerate e studiate: e siccome il passato non si cancella né si distrugge, credo che la storia di ciascuna appartenga all'intera nazione ». E Michele Amari gli diede ragione, criticando anch'egli la storiografia di ispirazione nazionalistica, condotta, scrisse al La Lumia, come si trattasse di una serie « di circoli concentrici », per cui si finiva anche con il negare la particolare fisionomia che ogni regione, ogni comune aveva storicamente sviluppata.6
In questa reazione alla storiografia tendenzialmente nazionalistica si inserisce anche la pubblicazione, nel 1911, del dott. Vito Graziano: Ciminna. Memorie e documenti.
Un fenomeno simile a quello avvenuto dopo l'Unità si verificò dopo la marcia su Roma del fascismo. Anche allora si fece strada e prevalse per tutto il periodo della dittatura fascista una forma di storiografia di tipo nazionalistico e unitaristico, per cui poco favore ebbe la storia locale, che invece rifiorisce dopo la caduta del fascismo con la restaurazione della democrazia. Si assiste perciò di nuovo ad una notevole fioritura di storie locali, per cui oggi, può dirsi, non v'è alcun comune che non abbia avuto scritta la propria storia. Spesso è avvenuto che si sono ristampate antiche storie locali, quando queste, per il loro pregio, l'hanno meritato. Così si sono ristampati, fra l'altro, i due volumi sulla città e comarca di Castronovo del Cirrito, e le notizie storiche di Casteltermini e suo territorio del Di Giovanni. Così lodevolmente, il comune di Ciminna ha pensato di ristampare la storia del paese scritta a suo tempo dal dott. Graziano.
Anche questa ristampa ubbidisce perciò all'esigenza, oggi molto avvertita, di rimettere in circolazione un'opera che, per la sua natura, riflette una tendenza storiografica massimamente attuale.


1. A. 1911, n. 248.
2. A. 1911, n. 338.
3. A. 1913, voi. V, fase. I, pp. 378-380.

4
. Cfr. appendice al voi. dott. VITO GRAZIANO, Canti e leggende. Usi e costumi di Ciminna, Palermo, Gustavo Travi, 1935. (Alcuni giudizi, fuori testo).
5. Cfr. Lett, del Pitré del 27 giugno 1900, (ivi).
6. Cfr. F. BRANCATO, La storia locale, in La Sicilia nel dibattito storiografico, « Nuovi Quaderni del Meridione », a. 1987, fase. 97
.


Ma la storia di Ciminna del dott. Vito Graziano è qualcosa di più. Quest'opera riflette un genere di studi che proprio ai tempi in cui questa storia fu scritta e pubblicata era massimamente in auge: mi riferisco agli studi demopsicologici e folkloristici che proprio il Pitré aveva portato avanti in Sicilia, del quale appunto il Graziano può considerarsi un allievo.
Si sa che Giuseppe Pitré, medico e profondo studioso di demopsicologia, è colui che ha portato lo studio del folklore all'altezza di scienza, merito, questo, riconosciutogli a livello anche europeo.7 Attorno a lui, perciò, ancora vivo ed operante a Palermo, suo paese natale, si formò tutta una schiera di ammiratori e di « allievi », attratti dal nuovo genere di interessi, quello appunto per le tradizioni popolari da lui studiate con metodo sistematico e scientifico. Tra questi « allievi » e ammiratori va annoverato certamente il dott. Vito Graziano che gli fu anche amico e che, come il Pitré, fu anch'egli medico, per cui, come il Maestro, ebbe modo, nelle sue quotidiane visite ai suoi pazienti, di meglio studiare usi e costumi del popolo in mezzo a cui viveva.
Visitando i suoi ammalati nelle loro abitazioni, vivendo in mezzo al popolo nel suo paese natìo, a Ciminna, dove era nato nel 1864, assistendo direttamente alle manifestazioni popolari nelle varie ricorrenze anche religiose, ascoltando i canti e i proverbi più diffusi e comuni nell'uso popolare, anche Vito Graziano, come il Pitré, volle, nel modo che gli fu consentaneo, meglio conoscere l'animo del popolo e descriverlo non soltanto per un suo bisogno spirituale, anche come alternativa alla consueta attività professionale, per « servire » ed « onorare », come si usava pure dire, il paese che gli aveva dato i natali.
Il primo e il più cospicuo risultato delle sue esperienze e delle sue indagini folkloristiche lo rivelò nella storia di Ciminna che, data alle stampe nel 1911, dopo lunghe e pazienti ricerche d'archivio, viene, per certi aspetti, completata, può dirsi, con la pubblicazione, nel 1935, del volume Canti e leggende. Usi e costumi di Ciminna. Come del resto avverte lo stesso Autore, in questo nuovo lavoro ha inteso allargare ed approfondire il capitolo VI della seconda parte della storia di Ciminna dedicato alla demopsicologia del paese. In ciò favorito dal considerevole sviluppo che anche durante il regime fascista avevano preso in Italia gli studi folkloristici, per cui venne creato anche il Comitato Nazionale Arti Popolari, aventi come organi periferici i Comitati provinciali e, per di più, un organo di pubblicazione intitolato « Lares ». Proprio in tale periodo si formò Giuseppe Cocchiara che può senz'altro considerarsi il più diretto ed autentico continuatore del Pitré, di cui fu colui che ne ha ereditato in modo concreto anche lo spirito, fondando a Palermo il Museo etnografico intitolato appunto al Maestro e allargando il campo del folklore con nuove ricerche e con notevoli contributi alla migliore conoscenza, oltre che di quello siciliano, del folklore anche in Europa.
Tra gli allievi e prosecutori dell'opera del Pitré è, dunque, certamente da annoverare anche il dott. Vito Graziano che, pur nel circoscritto ambiente di un comune, indagò e scrisse sul folklore locale, manifestando così proprio gli stessi interessi spirituali e scientifici di chi del folklore aveva creato una scienza destinata ad avere risonanze oltre i confini d'Italia. Quando ci si rende conto delle condizioni economiche e della struttura sociale non evoluta della Sicilia ancora alla fine del secolo scorso, si può ben comprendere anche l'origine dell'affinità di interessi dal dott. Graziano manifestati con quelli del Pitré, e capire anche, come il Pitré, che fu sommo nell'indagine degli usi e costumi del popolo, dovesse esercitare tanta suggestione in coloro, che, come lui, per ragioni, diciamo così, professionali, si trovavano a stare a diretto contatto con il popolo in tutte le categorie sociali e, in particolare, con i ceti più modesti e umili, presso i quali le tradizioni si conservano in uno stato di maggiore genuinità e purezza e, perciò, più autentiche o, comunque, meno soggette a contaminazioni.
La psicologia sociale o, come veniva pure denominata, demopsicologia, è una scienza che ha cominciato ad essere presa in considerazione soltanto verso la fine del secolo scorso, proprio quando, il dott. Graziano, quale studente a Palermo, aveva avuto modo, incline com'era naturalmente verso tale disciplina, se ne fece pure cultore, attratto evidentemente dall'entusiasmo che verso tali nuove conoscenze, il Pitré aveva saputo suscitare nei giovani. Il Graziano, può dirsi, ne seguì anche l'itinerario.
Come il Maestro, prima si occupò della storia del suo paese natio, successivamente passò ad occuparsi dei canti del popolo e quindi, degli usi e dei costumi non trascurando di studiarne pure i proverbi di cui pubblicò anche qualche raccoltina. Ebbe, come il Pitré, molto interesse per il documento considerato giustamente come la testimonianza più evidente di ciò che sul piano della ricostruzione storica veniva esponendo. Perciò i due volumi, la storia di Ciminna e quello sugli usi e costumi, che noi abbiamo considerato, quanto al contenuto, come un'unica opera, essendo la seconda, per molti aspetti, un completamento della prima, si chiudono con un'appendice documentaria che da anche maggiore pregio al lavoro.
Valore documentale, come per il Pitré, anche per il Graziano, aveva il proverbio nel quale vedeva racchiusa come la sapienza del popolo, che dettava appunto norme al suo agire. Perciò è pure molto interessante la sua raccolta dei Proverbi siciliani illustrati e confrontati con quelli della Sacra Bibbia, in cui, ancora una volta, egli tenne a modello il Pitré il quale, nell'opera, in ben quattro volumi, Proverbi siciliani raccolti e confrontati con quelli degli altri dialetti d'Italia (Palermo, Pedone-Lauriel, 1880), circa 200 proverbi li aveva anche confrontati con quelli della Bibbia. Il Graziano a quelli del Pitré ne ha aggiunti ben altri 250 « con scopo altamente morale ha tenuto a rilevare perché il popolo ha fede cieca nei proverbi, molto più se confrontano con quelli della Sacra Bibbia ». Osservazione, questa, di notevole interesse, che sta bene ad indicare l'importanza anche psicologica che ai suoi occhi il proverbio assumeva soprattutto in un' epoca, quella del positivismo, in cui tanti valori tradizionali erano entrati in crisi, conservando esso, appunto per il suo riferimento alla Bibbia, ancora un carattere sacrale. Essendo anche l'istruzione poco diffusa, egli nel proverbio vedeva perciò per le masse anche un mezzo di formazione morale e spirituale affidata appunto agli insegnamenti contenuti nelle brevi e argute sentenze proverbiali, che riuscivano poi tanto più efficaci quanto più erano ricche di figurazioni.
Anche il saggio su La questione di Santo Meli nel 1860,8 il fuorilegge, durante la campagna dei « Mille » in Sicilia, che, dopo un sommario processo, finisce i suoi giorni fucilato, e quello su Antonino Canzoneri, ultima vittima dell'Inquisizione in Sicilia9 rientrano in certo modo più nel proposito di una descrizione folkloristica che di una descrizione storica delle vicende dei due personaggi. Vi è in essi, infatti, più il gusto di descrivere le loro bizzarrie che di ricercare le ragioni storiche del loro anormale comportamento.10
Questa predilezione per il folklore, rivela, dunque, la vera vocazione del dott. Vito Graziano, che è appunto quella che lo sollecita allo studio della storia del suo popolo principalmente attraverso le tradizioni, gli usi, i costumi, i canti e i proverbi; attraverso, insomma, tutto ciò che in esso vi è di più genuino e immediato, « poiché pensava anche il folklore è storia ». Perciò, fino al termine della sua vita, nel 1942, egli continuò a studiare la « storia » del suo popolo, ma non più, come aveva fatto agli inizi, attraverso gli aridi documenti d'archivio, ma attraverso ciò che riteneva di trovare di più vivo, genuino e originario in esso: i proverbi. Così fino agli ultimi suoi giorni egli amò raccogliere proverbi siciliani, da riempire due quaderni: proverbi ancora inediti che, insieme con un suo dramma storico in tre atti, La figlia del castellano, ambientato nel castello di Ciminna (vicenda che si immagina svolta nel 1326) e ancora pure inedito, sarebbe veramente augurabile venissero pure pubblicati. Sarebbe una nuova testimonianza, che si aggiungerebbe a quelle già note, del grande amore con cui il dott. Vito Graziano sempre si dedicò allo studio della storia e degli usi e costumi del paese natìo, e un notevole contributo per la migliore intelligenza dello spirito e dell'indole della nostra gente.11

Ciminna, 1987

FRANCESCO BRANCATO

7. Cfr. GIUSEPPE COCCHIARA, Giuseppe Pitré e le tradizioni popolari, Palermo, Ciuni, 1941, in cui è fatta conoscere non soltanto l'importanza della scienza dal Pitré coltivata, ma la grande risonanza che essa ha avuto nel mondo.
8. Pubblicato in « Sicania », a. III, nn. 7 e 8, Caltanissetta 1915, ripubblicato a Palermo, Tipografia Pontificia, 1841, p. 15.

9. In « Archivio Storico Siciliano », N.S. a. LIV, 1935 (estr. p. 15).
10. Per un esame, sia pure rapido, sui due personaggi, cfr. il mio articolo Storia e folklore negli scritti di Vito Graziano, in « Nuovi Quaderni del Meridione », a. XVI, 1978, n. 63, pp. 337-344.
11. Il dott. Vito Graziano nacque a Ciminna il 12 febbraio 1864. Dopo un corso regolare di studi, conseguì, presso l'Università di Palermo il 5 agosto 1889 la laurea in Scienze naturali e il 9 luglio 1891 quella in Medicina e Chinirgia. Frequentò in particolare il Gabinetto di Mineralogia e di Geologia

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