CIMINNA (PA)

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Parte seconda
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Memorie e Documenti

Dr Vito Graziano
Pubblicato MCMXI

Parte II - cap.1

Patrimonio comunale e condizioni economiche degli abitanti

1. Titoli relativi ai beni del Comune 2. Casa Comunale 3. Casa Pretura 4. Chiesa e convento S. Francesco 5. Chiesa S. Domenico 6. Piano giardino Apurchiarola 7. Acqua S. Pantaleo ed altre 8.Beni mobili 9. Beni non più posseduti dal Comune 10. Condizioni economiche degli abitanti

1. Titoli relativi ai beni del Comune

I beni che possiede il Comune sono
pochi, e risultano dall 'inventario esistente nell 'archivio comunale. I titoli relativi a questi beni furono distrutti dall 'incendio nella rivoluzione del 1820; ed anche le carte amministrative posteriori furono dissestate e manomesse nei moti politici del1848 e 1860, in cui l' archivio rimase in potere dei rivoltosi. Nel 1863 non poche carte furono involate dal servente comunale Cuti Salvatore, il quale fu condannato dal Tribunale correzionale di Termini-Imerese.

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2.
Casa Comunale

È sita nella Piazza Maggiore e contiene l' ufficio municipale. Non esiste titolo e se ne ignora la provenienza.Nel 1874 fu costruito il piano superiore; e, a perpetua rimembranza del fatto, nella scala che conduce al detto piano,fu collocata una piccola lapide colla seguente iscrizione:
Di Blasi Nicolo Sindaco
Questo novello ufficio Comunale
Ideò architettò E costruir fece
Nell' anno 1874.

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3. Casa Pretura.

È posta nella via omonima e serve per l' ufficio della Pretura. Fino al 1901 il pianterreno serviva anche per uso di carcere mandamentale; ora esso è affittato dal Comune.Fu concessa ad enfiteusi dal Signor Francesco Saverio Facella, con atto del 20 ottobre 1819 presso il not. Antonino Gargotta da Termini.


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4. Chiesa e convento S. Francesco.

Furono concessi dal demanio con atto amministrativo del 30 settembre 1874.

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5. Chiesa S. Domenico

Fu concessa dal demanio con atto amministrativo del 22 luglio 1888.

 

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6. Piano e giardino Apurchiarola

È a nord-ovest dell' abitato, e confina col giardino Apurchiarola, appartenente anch' esso al Comune, e con altre terre di diversi proprietari. La sua estensione era anticamente molto maggiore,1 ma oggi è diminuita per le usurpazioni fatte e ridotta a ettare 4, are 91 e centiare 98, così divise: ettare 3 e are 50, riservate agli usi civici, terra planiforme e destinata nell'està alla trebbiatura dei cereali e del sommacco e nell'inverno a pascolo degli equini e de! bestiame ovino, ed ettare 2, are 41 e centiare 98 piano inclinato e destinato pei letamai. Fu concesso da tempo immemorabile dai signori Ventimiglia, marchesi di Geraci e baroni di Ciminna. Allo scopo di allontanare i letamai dal detto piano il Consiglio comunale, nella seduta del 22 settembre 1895, deliberò il progetto di dividerlo in piccole parti e venderlo, e col denaro ricavato comprare piccoli appezzamenti di terra in varie località, distanti dall'abitato, per uso di letamai. Quel progetto fu approvato dalla Giunta Provinciale Amministrativa il 14 febbraio 1896, ma finor a nessuno l' ha messo in esecuzione. Il giardino Apurchiarola confina dall'abitato e col piano sopradetto. La sua estensione è di ettare 1, are 95 e centiare 17, e fu concesso pure da tempo immemorabile dai suddetti Ventimiglia. Faceva parte del piano Apurchiarola ed era destinato ad uso di letami; ma a 28 dicembre 1869 si diede la prima volta in affitto con atto presso il notar Francesco Piraino, e cominciò ad essere coltivato parte a terreno seminativo e parte ad ortaggio, inaffiato colle acque di scolo provenienti dal beveratoio S. Andrea.

1. Verso il 1810 Ciminna venne ad accordo sulla delimitazione delle terre comunali dell' Apurchiarola, che furono ridotte a salme 4 dell'antica corda, restando il di più al principe di Partanna. Rimane ancora nel popolo l' espressione: Quantu un chianu di pircalora, per significare una grande estensione di terreno.

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7. Acqua S. Pantaleo ed altre

L'acqua S. Pantaleo era formata da una sola sorgente posta a nord-ovest dell'abitato, dal quale dista due chilometri circa, e giungeva al burrone Marrana ove serviva per uso potabile del paese.2 Ma la sua qualità lasciava molto a desiderare, perché scorreva in un acquedotto di terracotta, che era scoperto in alcuni tratti, e restava esposta ad ogni specie d' inquinamento. Per questa ragione e per la sua distanza dall'abitato, nel 1869 fu eseguito un acquedotto in ghisa dall' origine fino a S. Andrea, realizzando il benefico progetto di avere acqua pura dentro l' abitato. Per aumentarne la quantità il Comune v'incanalò un' altra sorgiva, che esisteva poco lungi dalla prima e fu acquistata per l' annuo canone di L. 205 da podere del Dr. Giuseppe Cascio con atto del 19 settembre 1871 presso il notar Sebastiano Comparato, della quale la metà ereditata dal di lui figlio Francesco fu reluita l' anno 1899 pel prezzo di L. 1854,54. Le acque Fontanella,3 Fruscillo, Piazza, Canale, Folletto, Vallone, Fontana del Re, Cassone4 e Contessa sono acque selenitose e furono concesse in tempi diversi. Le acque Fontanella e Fontana del Re servono per abbeverato,5 quelle del Canale, Vallone e Folletto per lavatoi e uso di molini, e quelle del Fruscillo, Piazza6 Contessa e Cassone per usi molteplici.
Non esistono dritti promiscui.


2. Vi erano due abbeverato, dei quali uno aveva la superficie di m.4,95 x m. 1,12 e l'altro di m. 5,45 x m. 1,12, e un piccolo lavatoio lungom. 3,75 e largo m. 1,40. Vi erano anche due fonti con iscrizioni, che si perdettero in occasione del nuovo condotto.
3. Di questa sorgente d'acqua V. AMICO, op. «/., in nota a p. 46, scrisse: «Memoratur ipso in oppido sub S. Viti Ecclesia fons aquas sale infectasemittens ».
4. Anticamente quest'acqua era condotta in Ciminna attraverso un acquedotto di creta cotta, di cui si vedono ancora le tracce. Esso prima di arrivareal paese si univa forse con quello proveniente dalla Cemuta.
5..
Quello della Fontanella fu demolito, perché piccolo, e se ne costruirono successivamente altri, di cui l'ultimo fu inaugurato il 4 febbraio del 1898.
Registro delle deliberazioni decurionali, 4 aprile 1857.
6.
Quest'acqua sorge in un pozzo esistente nella parte superiore dell'abitato, e di là era condotta nella Piazza per uso del pubblico; lo scolo apparteneva all'ex-convento S. Domenico. Ma per la cattiva manutenzione dell'acquedotto ora essa si disperde in parte con grave danno di non pochi fabbricati,e quella che rimane è destinata ad uso delle scuole maschili.

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8. Beni mobili

I beni mobili del Comune sono i seguenti:

1) Due mazze d'argento massiccio uguali per forma e grandezza. Ognuna è lavorata a cesello e rappresenta una corona formata da quattro grifi con le mammelle e dalle statuette dei protettori del paese, cioè l'Immacolata, S. Vito, S. Rocco, S. Maria Maddalena, e S. Rosalia. La lunghezza totale di ogni mazza è cm. 76 e la circonferenza cm. 13. Esse servono nelle funzioni sacre, alle quali assiste il Magistrato municipale e portano la seguente iscrizione:

Exc. Domino
D. Hieronymo Grifeo
P.pi Partannae Cim.ae Duci
et C. D. Fran.co Quinci
Vito MauriciAntonio Faso et
U. I. D. D. Fran.co
MariaCanzoneri
luratis
MDCCXXVIII.

2) Un incensiere d'argento, che serviva pure nelle funzioni sacre.7
3) Due orologi da torre, uno nella Piazza Umberto I colle ore alla francese fatto nel 1906 da Vincenzo Scibetta da Bisacquino, e l'altro annesso alla chiesa del Carmine colle ore all'italiana. L'epoca dell'orologio antico, che esisteva nella detta piazza, rimonta forse all'anno che è impresso in una delle due campane e che secondo il detto Scibetta si legge « 1596 ».
4) Una biblioteca comunale nell'ex-convento dei Cappuccini, ricca di oltre 2.000 volumi e tenuta in mediocre stato. Fu ceduta al Comune per decreto del Ministero dei Culti a 11 settembre 1871.
5) Oltre a questi beni mobili esso possiede altri oggetti di minore importanza, e L. 218,25 di censi attivi.

7. Esso anticamente serviva per dare l'incenso al Magistrato municipaleche assisteva alle funzioni religiose nelle chiese, ed a quell'atto si dava tantaimportanza che nel 1784 sorse una controversia tra il detto Magistrato e lacomunia del clero sulla precedenza di quella cerimonia. Fu deciso dal Vicariogenerale Vanni che l'incenso si dovesse dare prima all'Arciprete ed immediatamente dopo al Capitano di Giustizia con l'incensiere del Comune, e poi siseguissero ad incensare nello stesso tempo il clero ed i Giurati. Vedi Reg. dideliberazioni consiliari 10 maggio 1784.

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9. Beni non più posseduti dal Comune

Ora debbo occuparmi di altri beni, che erano anticamente posseduti dal Comune. Fra questi accenno in primo luogo alle terre che i comunisti godevano sin dal tempo dei marchesi Geraci. Esse erano attorno all'abitato: S. Anania, Stincone, Marrana, Apurchiarola, Capra, Monterotondo e Cernuta e servivano per pascolo degli animali da macello e delle capre, che fornivano il latte agli abitanti. baroni che successero nel dominio di Ciminna, cominciarono poco a poco ad usurpare le dette terre e farne concessioni, formandosene una rendita. Perciò il Comune, volendo supplire ai suoi bisogni, con atto decurionale del 28 agosto1842, deliberò ad unanimità una preghiera al Sig. Intendente della Valle, per ottenere la loro reintegrazione. Ma a nulla valse la sudetta preghiera, e quelle estese terre furono per sempre perdute

Oltre a queste, anticamente il Comune possedeva alcune sorgenti di acqua, che servivano per uso potabile.

La sorgente più vicina all'abitato era l'acqua detta del castello. Essa serviva ad uso potabile e alimentava un beveratoio, detto dei giovenchi. Quest'acqua esisteva da tempo immemorabile ed era forse la più antica, perché postain vicinanza del castello, scomparve nei primordi del secoloscorso,8 producendo spesso delle frane nell'ex onastero S. Benedetto e nelle terre sottostanti.

Per impedire le dette frane si sono fatti, in varie epoche, dei tentativi per rintracciare la sorgente. Nel 1830 l'ing. D. Mariano Meleti da Messina, trovandosi in Ciminna, propose uno scavo nel piano del castello e propriamente dietro l'ex-monastero S. Benedetto, promettendo di trovare,alla profondità di 33 palmi, circa 7 zappe d'acqua. Il Decurionato, con deliberazione del 21 novembre 1830, approvò il detto scavo per l'utilità dell'acqua e per impedire ulteriori frane nel quartiere della Matrice: ma sembra che nulla sia stato fatto, forse per mancanza di fondi, e quindi continuarono le frane.
Una di quelle più memorabili, avvenute nelle dette terre, successe nella notte dal 16 al 17 febbraio 1907, in seguito a un lungo periodo piovoso.9 La zona del terreno franato assunse la forma di un trapezio, di cui il lato superiore era lungo circa 100 metri e quello inferiore, confinante col burrone e parallelo al primo, era lungo circa 140 metri. Gli alberi compresi nella detta zona furono capovolti, una casetta rurale e la chiesa di S. Michele rimasero molto dan-neggate, e nel suolo si formarono molte fenditure lunghe eprofonde. Altre ne apparvero dentro l'abitato: nel VicoloCicerone, nel piano della Matrice e nella Via Monastero S.Benedetto. Il Sindaco telegrafò subito al Prefetto, il quale mandò sul luogo l'ingegnere del genio civile Salvatore Cantoni; e questi con relazione del 20 febbraio 1907 ordinò come provvedimenti urgenti: la costipazione delle fenditure del suolo e l'incanalamento delle acque piovane al burrone. In seguito fu eseguito l'imbrigliamento di questo, con rivestimento delle sponde mediante gabbioni di zinco, e furono fatte le fognature nella zona franata pel ritrovamento delle acque disperse nel sottosuolo, e ciò con una spesa complessiva di circa L. 40.000.
L'acqua della Gemuta serviva all'uso potabile dell'antica Ciminna e poi anche del paese attuale, affluendo vicinoall'acqua salmastra detta della Fontanella.
Nel secolo XVIII avvenne in parte la distruzione delcondotto, per l'ingrandimento del burrone Passo di Cuti,onde d'allora in poi fu interrotto il corso della detta acqua,che col tempo divenne proprietà privata.
In seguito furono fatti diversi tentativi per ricondurladentro il paese. Infatti nel 1794 i Giurati diressero al Tribunale del R. Patrimonio una lettera, esponendo che il popolo mancava d'acqua e che questa si poteva condurre dalla Cernuta e con pochissima spesa per l'esistenza della maggior parte del condotto fatto a spese del Comune.10 Nel 1812 i Vocali ed i Consulenti del Comune con foglio del 21 agosto, chiesero al Real Governo che i sopravanzi, rimanenti ogni anno nella cassa delle tre chiavi, s'impiegassero per ricondurre in Ciminna l'acqua della Gemuta.11 Finalmentenel 1911, con deliberazione del 17 febbraio, il Consiglio comunale deliberò di portare la detta acqua nel paese dopo averne fatto eseguire l'esame chimico.

8. Dicesi per tradizione che la detta sorgiva su scomparsa, perché vi fugettato dell'argento vivo (mercurio).
9. Il giorno precedente, cioè il 15 febbraio, si era prodotta verso mezzogiorno un'altra frana nella contrada S. Antonio, ccompagnata dalla caduta di molti macigni.
10. Registro di deliberazioni dal 1792 al 1794.
11. Archivio di Stato di Palermo, R. Segreteria, Azienda, voi. 463, f.23 delle Giuliane.

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10. Condizioni economiche degli abitanti

Dopo aver parlato del patrimonio comune a tutti gliabitanti, ora debbo occuparmi delle loro condizioni economiche. Esse sono in generale buone, e ne sono indizi sicurila scomparsa della miseria e dell'usura, i depositi fatti nellacassa postale di risparmio e in altre, il prezzo eccessivo degl'immobili e l'aumento nel costo della mano d'opera. Lacausa principale, e direi quasi unica, è l'emigrazione dei contadini nella lontana America, donde scorrono rivoli d'oro,che producono gli effetti sopraccennati. Però questo miglioramento non è generale, poiché l'emigrazione, togliendo lemigliori braccia all'agricoltura, è stata dannosa a questa,che è la più grande risorsa del paese, ed ha prodotto unacrisi economica nei piccoli proprietari di terre. Ma vi èdi più.
Il miglioramento sopradetto è precario, poiché il giorno, in cui cessasse l'emigrazione, esso finirebbe subito.
Il miglioramento generale e duraturo delle condizionie conomiche di Ciminna può nascere solamente dall'agricoltura, ch'è la sorgente principale della ricchezza. Per questobisogna cominciare colla lotta contro l'analfabetismo e coll'applicazione rigorosa della legge sull'istruzione obbligatoria. Ciò, coll'aiuto delle casse agrarie di prestito, condurrebbe certamente all'introduzione della cultura intensa e razionale e quindi all'aumento dei prodotti agrari e della ricchezza generale. L'abolizione totale o parziale dei latifondi, esistenti nel territorio, renderebbe più completi questi risultati.

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